Domenica delle Palme (Anno A)  (02/04/2023)

Vangelo: Mt 26,14-27,66  🏠

La domenica delle palme spalanca le sue porte alla Settimana Santa, nella quale ricordiamo la passione, morte e Resurrezione di Gesù Cristo. Questi giorni Santi si dischiudono con la memoria dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Il lungo viaggio iniziato dalla Galilea sta per concludersi e Gesù vuole entrare a Gerusalemme come non aveva mai fatto prima, perché è il momento decisivo per la sua missione e per la sua stessa vita. Non entra però, su un carro o a cavallo come farebbe il capo di un esercito di liberazione, Gesù entra cavalcando, su un asina e su un puledro figlio d’asina.

Questo fatto solletica la mia fantasia e chiudo gli occhi provando ad immaginare di essere lì, in quel tempo, a pochi passi da Gesù… Lo guardo. È davvero bello! Ha un portamento regale! E lo si percepisce non dall’eleganza degli abiti lussuosi e dai gioielli preziosi, che non porta, bensì da uno splendore che emerge dal di dentro e che colpisce il mio cuore. Il suo viso ha un’espressione lieta e mite. Sorride, ha uno sguardo luminoso! Sorride, con gli occhi e con la bocca, a chiunque incrocia il suo sguardo. Vederlo mi dona tanta pace e sento crescere dentro di me una gioia che si fa sempre più grande. Nella mia mente però sorge una domanda: «Chissà perché Gesù ha voluto entrare in città cavalcando un’asina ed il suo puledro?» ed un passante che è accanto a me, come se avesse ascoltato il mio pensiero e fosse sfiorato dalla mia domanda, mi dice: «Ricordi, il profeta Zaccaria diceva: Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re, mite, viene seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma!» Intanto che ascolto con attenzione quello che il pellegrino mi sta dicendo, cerco di fare memoria, quando vedo una folla numerosissima adagiare i propri mantelli sul cammino di Gesù, mentre altri tagliano rami di ulivi e li stendono sulla strada. La folla che precede e quella che segue Gesù grida: «Osanna figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei Cieli!»

C’è una gioia tale (che sembra reale) tanto che riapro gli occhi e li volgo verso il Cielo. E sorrido.

Penso alla gioia che riempie i discepoli e la folla ogni volta che il Signore si fa loro presente!

Riaffiora in me la domanda: «Perché Gesù cavalcava un’asina ed il suo puledro?» L’asina è un “somaro” che porta la soma, i pesi. Forse Gesù l’ha scelto come segno che rappresenti la Sua missione? In fondo Gesù non è un re come tutti gli altri. È diverso da come ognuno l’attende, viene per servire e per dare la vita, non per spadroneggiare e per opprimere perché la Legge di Gesù è la Legge dell’Amore. Compimento della Legge e dei Profeti. La Legge di Cristo è portare i pesi gli uni degli altri, è il comando dell’amore che ci rende perfetti come il Padre! Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la Legge del Signore scriveva San Paolo nella lettera ai Galati (6,2).

L’asina quindi rappresenta la capacità di servire, nostra somiglianza con Dio. Da sempre il Signore, che è amore e servizio, ha desiderato che fossimo come Lui, creature nelle quali potersi rispecchiare e riconoscersi. La somiglianza esprime la “relazione ed il legame” con Dio; ad un certo punto, purtroppo, la menzogna originaria ha scalfito la nostra somiglianza con Dio, tanto che ci ha fatto immaginare Dio diverso: potente e lontano da noi; cattivo, che vuole dominare. E quindi da temere. Gesù con la sua umiltà e mitezza purifica lo sguardo di ciascuno di noi, corregge questa falsa immagine di uomo e di Dio, donandoci quella vera, un Dio che l’unico potere che ha è quello di servire e di dare la vita. Un re la cui gloria è amare e il cui regnare è servire. Davanti a tale amore, così grande, non ci sono più parole da dire ma solo da contemplare, fino a lasciarsi cambiare il cuore!

Gesù sceglie di entrare a Gerusalemme. Vede di fronte a sé una città divisa, tantissime situazioni difficili di fragilità e di ingiustizia. Non perde la speranza e non si ferma davanti alle numerose difficoltà. Non cede alla tristezza o alla rabbia. Accetta il rischio di nuovi incontri. Vive il presente, rimanendo se stesso, portando avanti la verità di sé. Entra con un’asina per mostrare che solo con l’umiltà e la mitezza di fronte alle varie vicissitudini della vita può e possiamo compiere grandi cose.

Gesù entra così, nei nostri cuori, nelle città di questo nostro mondo tragicamente segnate da conflitti di ogni genere, come re che può liberare gli uomini dalla guerra, dalla violenza e dall’ingiustizia. Il suo volto non è quello di un potente o di un forte, bensì di un mite ed umile di cuore che è venuto a dare la vita per i propri fratelli. E ha fatto di questo, lo scopo della sua vita.

E io? Concedo a Gesù di regnare nel mio cuore e nella mia vita? Questo interrogativo mi scuote a cercare una risposta dentro di me. Ma non è facile scavare nel cuore e andare in profondità, perché solitamente siamo abituati a fare e a pensare cose che sono visibili e che si toccano con mano. I sentimenti, le emozioni e i desideri sono astratti, impercettibili … E allora mi fermo, incrocio lentamente le mani, chiudo gli occhi e chiedo aiuto a Dio. Lui, se glielo chiedo, sa sempre far luce nel mio cuore … mi aiuta anche ora a fare memoria di tutte quelle volte che ho deciso di sfruttare ogni esperienza come occasione di crescita, facendola diventare una opportunità per diventare una persona migliore. E di tutte quelle volte che, pur con estrema difficoltà, ho “deciso” di mettere da parte l’orgoglio, la rabbia e la suscettibilità dando spazio all’ascolto, alla comprensione e al perdono. E ancora, ogni volta quando con semplicità ho assistito, collaborato, sostenuto e favorito chi aveva bisogno di me forse davvero, proprio in tutti quei momenti, ho lasciato che tu Gesù regnassi nel mio cuore e nella mia vita.

Allora, con gratitudine scopro che l’amore lentamente mi ricrea ad immagine e somiglianza di Te, mio Dio, che mi hai creata.

Signore, mio re, abbi misericordia di me, rinnova il mio cuore affinché io possa essere sempre più simile a Te, fedele, umile e mite servitore dell’amore e della vita.