II Domenica di Pasqua (Anno A)  (16/04/2023)

Vangelo: Gv 20,19-31

Dalla vita alla morte, andata e ritorno. Il Figlio di Dio si presenta con i segni della passione sul suo corpo, per farsi riconoscere dai suoi, ma anche – ne siamo convinti – per mostrarci che la sua gloriosa risurrezione non ha eliminato la memoria di ciò che ha vissuto per noi, piangendo, soffrendo e morendo. La memoria di tutto il suo calvario è incisa nel suo corpo, come la firma di un artista sulla tela del suo capolavoro.

Certamente, in altri passi del vangelo che raccontano le sue apparizioni da risorto, Gesù si presenta come un uomo qualunque, tanto che ad esempio non viene riconosciuto dai discepoli in cammino verso Emmaus. Sembra appartenergli in modo esclusivo la scelta di come rivelarsi. Là nello spezzare il pane, con la Maddalena nel chiamarla per nome. Qui, in questo episodio, nel mostrare che le sofferenze umane resteranno per sempre impresse nel cuore di Dio, e per ricordarci, finché dura questo mondo – si badi bene – che la presenza di Dio resterà sempre impressa in ogni umana sofferenza.
Per tanti uomini e donne di fede i sofferenti sono stati mediatori di luce! Così per san Francesco d’Assisi il lebbroso, o per la Beata Madre Teresa di Calcutta i suoi poveri. Hanno capito il mistero che c’è in loro, e lì hanno potuto dire anch’essi, come Tommaso: “Mio Signore, mio Dio” (cf. LF 57).

Mettiamoci quindi anche noi alla ricerca del costato di Cristo, riconoscendolo nella fragilità di un anziano che vive in casa con noi, o nella casa accanto. E mettiamo anche noi il dito sul segno dei chiodi, lasciandoci coinvolgere nella disavventura di un fratello crocifisso, forse, dai suoi stessi sbagli.
Avremo così anche noi parte alla gioia dei redenti per i quali “ogni lamento si tramuterà in danza, e ogni veste di sacco in abito di gioia” (Salmo 30,12)

Fonte:http://fradamiano.blogspot.com