III Domenica di Pasqua (Anno A) (23/04/2023)
La strada dei due discepoli di Emmaus era buia ma ancora più
buio era il loro cuore. Il cammino di ritorno è una sconfitta.
Ma il racconto dell’incontro con Gesù risorto è di rara bellezza.
Probabilmente l’evangelista Luca ci ha lavorato trasfigurandolo
con la sua sensibilità, offrendoci un itinerario che noi in parte
possiamo ora ripercorrere.
C’è una direzione da Gerusalemme a Emmaus, dalla città di Dio a un villaggio. Ma lo spostamento
non è solo geografico. Ascoltando il racconto ci accorgiamo che si va da un sentimento di speranza
a uno di delusione: “noi speravamo che fosse lui”. Gerusalemme dunque è simbolo di una
promessa tradita. Avevano investito tanto, tutto, in quel “profeta potente in opere e in parole”.
Ma poi il sogno è tramontato.
Ritornano a casa alla vita di prima. Sembra di leggere la storia di tante nostre strade. Torniamo
indietro, abbandoniamo il campo, ci brucia una delusione. La strada di Emmaus è la nostra strada
dove fatichiamo ad accorgerci dei segni che, lungo la via, annunciano una presenza. È la presenza
di un viandante che cammina in incognito e si affianca a noi. Ma i nostri occhi non lo riconoscono.
Ma quali sono i segni che avrebbero dovuto aprire gli occhi ai due discepoli e oggi aprire i nostri?
Ma non è segno di una presenza se qualcuno, nell’ombra della notte, sa leggere la tristezza sul tuo
viso? Non è già rivelazione di una presenza se qualcuno, prima di parlare, ti chiede che cosa hai nel
cuore? Non è già segno di una presenza se uno dilata il tuo sguardo e ti fa intuire che c’è un oltre,
oltre la fatica, oltre la sofferenza, oltre la morte e risveglia la speranza e la vita e nonostante tutto
ti fa ardere il cuore?
Anche questi nostri giorni sono di parole tristi, di parole che non riescono a dare senso a tutto ciò
che accade, che ci accade. Sono parole che rimbalzano, che saltano via, che non scavano in
profondità. E, a ragione, Gesù potrebbe dire anche noi “stolti e tardi di cuore”. Ma per fortuna, o
meglio per grazia, Gesù risorto “da sconosciuto” si affianca sul nostro cammino.
E anche questo è un mistero che ci sorprende. Quando non lo vediamo, lui c’è. C’era già lungo
quella strada buia e desolata. E quando lo riconosciamo e vorremmo trattenerlo, fermarlo,
catturarlo nei nostri pensieri, nelle nostre soluzioni, nei nostri progetti, lui scompare.
Sto pensando al momento come questo che viviamo ogni domenica, quando siamo insieme e
leggiamo le Scritture. Sull’istante non ci accorgiamo ma i discepoli quando scomparve, si dissero
l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore in petto mentre conversava con noi lungo il cammino?”.
Qui sta la differenza. Le parole dei due di Emmaus erano parole che da sole non portavano a
niente. Senza la Parola di Dio noi facciamo cronaca. Con la Parola di Dio si compie un’operazione di
sapienza e di verità. Là dove sembrava massacrata la speranza germoglia la vita nuova. Siamo qui
ogni domenica per ricostruire la vita e la fede, ascoltando il Signore Gesù che ci parla e che
spezza il pane con noi e ci invita a fare altrettanto: essere anche noi per i fratelli un pane buono e
spezzato.
Non si i tratta di cambiare città ma di cambiare il cuore, come era cambiato davanti a Gesù il
cuore di quei lontani discepoli.