IV Domenica di Pasqua (Anno A)  (30/04/2023)

Vangelo: Gv 10,1-10 

Quarta domenica di Pasqua! Che è, come sappiamo, la Domenica del Pastore. Così tutti gli anni la IV domenica si caratterizza in maniera inconfondibile. Ci troviamo nel bel mezzo del tempo pasquale, che si sviluppa nell’arco di sette settimane, fino a Pentecoste. La resurrezione del Signore Gesù illumina il mondo e attrae a sé, nella definitività della sua gloria, lo svolgimento dell’intera storia umana. È questo il mistero di cui è fatta la nostra vita cristiana, mistero di luce, mistero di vita, mistero di grazia, mistero di pace.

L’immagine del pastore è costante nella Bibbia. Il libro della Genesi descrive le origini di Israele da Abramo, Isacco e Giacobbe, pastori che nel XVIII secolo a.C. attraversarono territori desertici alla ricerca di acqua e pascoli per i loro greggi di pecore e capre. Sei secoli dopo – intorno al XII a.C. – Mosè, evocato dal libro dell’Esodo, apprende il mestiere di pastore e viene scelto da Dio come strumento per liberare il popolo dalla schiavitù sofferta in Egitto e condurlo attraverso il deserto verso la terra promessa. Due secoli dopo, intorno al X a.C., un giovane pastore di nome Davide, che si prendeva cura del gregge di suo padre Iesse, fu nominato re d’Israele; a lui sono attribuiti i Salmi, che rappresentano Dio come il Pastore che guida, nutre e protegge il suo popolo.

Nel Nuovo Testamento, la parabola del pastore che ritrova la pecora smarrita e se la carica sulle spalle (Mt 18,12-14; Lc 15,3-7) ha dato origine alla prima immagine figurativa di Gesù, che si trova nelle catacombe di Roma ed esprime la misericordia divina manifestata in Lui stesso, che cerca i peccatori per reincorporarli nella comunità. Giovanni, da parte sua, mette in luce una caratteristica essenziale del Buon Pastore: dare la vita per le pecore… Questa donazione della propria vita, alla quale Gesù fa più volte riferimento nell’odierna pagina evangelica, è gratuita e proprio per questo il capitolo 10 del Vangelo di Giovanni si colloca nella cornice della Festa della Dedicazione, che commemorava il restauro del Tempio di Gerusalemme nell’anno 164 a.C. In questa festa avviene una discussione tra Gesù e i capi religiosi, che Gesù critica come cattivi pastori, applicando a se stesso l’immagine del pastore che si prende cura delle sue pecore, che per questo lo riconoscono.

Questo brano del Vangelo di san Giovanni va compreso ricordando il capitolo precedente (Gv. 9), dove Gesù illumina e apre gli occhi al cieco dalla nascita, che confessa la sua fede ed entra così in comunione con Lui: “Credo, Signore. E si prostrò davanti a lui“. I “capi d’Israele” non accolgono l’Inviato che è Gesù e maltrattano coloro che si uniscono a lui e lo confessano Signore; non sono veri pastori del popolo. A loro sono rivolte le dure parole che sono come “ladri e briganti”, “stranieri” e “lavoratori salariati” che non cercano il bene del popolo, del gregge loro affidato. Questi sono quelli che “non capivano di cosa stesse parlando”. Queste figure sono estranee, sono figure forestiere. Perché ladri e briganti sembrano imperversare con un certo agio, con una certa disinvoltura, anche con un certo credito, fuori e dentro ciascuno di noi. Ma quando viene il pastore delle pecore, allora è manifestata in maniera inconfondibile l’estraneità dei ladri e dei briganti che operano ovunque. Sono i nostri nemici, ma con cui noi tendiamo ad allearci con la massima docilità…
Viene il pastore delle pecore. Colui che batte alla porta del cuore umano e ne tira fuori la paura. È Lui il pastore delle pecore, che chiama per nome! S’insedia, entra, penetra, visita per primo! Quel suo chiamare per nome le pecore allude inconfondibilmente al suo modo di interpellare il cuore umano e penetrare nell’esistenza di ognuno. E tutto questo per confermare che noi siamo liberati per vivere in pienezza la vita! È il versetto 10, l’ultimo versetto del brano di domenica: Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Come filo conduttore c’è anche il Salmo 22, che accompagna il Vangelo di questa domenica: «Il Signore è il mio pastore». Per i ciechi dalla nascita, espulsi dalla sinagoga, si apre un’altra porta di ingresso e di accoglienza: Gesù!

Gesù è l’unica Porta attraverso la quale possiamo avere il passaggio e l’accesso al Padre: “Nessuno va al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6). È la porta per trovare la salvezza: chi entra per essa «sarà salvato»; e avrà libertà, poiché «potrà andare e venire e troverà pascolo». Sono immagini di pienezza e di salvezza.

Gesù è il Buon Pastore “che entra per la porta” e non assalta l’ovile. Le pecore “attendono la sua voce”, perché Egli “le chiama per nome”. E stando davanti, le conduce lungo la strada ed “esse lo seguono, perché conoscono la sua voce”. Egli è venuto perché il gregge “abbia la vita e l’abbia in abbondanza”. Questa vita abbondante è la “sorgente di acqua viva” (cfr Gv 4,14; 7,38) a cui ci conduce, o il “Pane di vita” con cui ci nutre (cfr Gv 6,35.50.58 ). Questo versetto non l’abbiamo letto nell’odierna Liturgia, ma è quello che rivela pienamente la vita del pastore: “Io sono il buon pastore, che dà la vita per le pecore” (Gv 10,11).

Come si capisce bene questo a Pasqua! Il culmine dell’amore per il gregge è dare la vita sulla croce, da cui sgorga la “vita abbondante” che il Padre dona al Figlio nella risurrezione e che dona a noi. Che bella l’immagine del Pastore che dà la vita perché le sue pecore comprendano il Mistero di Gesù! La fraternità di Gesù, la Chiesa, ha una funzione “pastorale”. I “pastori” che continuano l’opera di Gesù devono “seguire le sue orme”. Ciò comporta intimità con Gesù, conoscere e guidare il gregge, grande amore e vicinanza alle persone affidate, e “dare la vita” in un supremo gesto di dedizione. Questa “pastura” viene svolta dai pastori nel Pastore per il sacramento dell’Ordine (Vescovi, Sacerdoti), davanti al gregge. Ma anche, mediante il battesimo, i laici che collaborano alla missione della Chiesa nei ministeri laicali: catechisti, padri e madri di famiglia, servitori della carità, accompagnatori, tutti i battezzati… e altri, icona del vero e buon Pastore; tutta la Chiesa guida l’umanità e si dona per essa a immagine del Buon Pastore… Sono tante le porte che si aprono davanti a noi e che ci offrono libertà, verità, salvezza… sappiamo distinguerle? Entriamo per la vera porta che è Gesù e che ci conduce al Padre? E nel mondo c’è anche chi cerca di guidare i nostri passi e condurci per le vie della vita verso la felicità… Riusciamo a distinguere i “falsi pastori” dal “vero pastore”? Andiamo dietro a “falsi pastori” che ci offrono promesse di benessere, denaro, potere, fama, piacere…?

 Preghiamo:

Gesù, buon pastore, chiamaci per nome e noi ti seguiremo, perché nella tua voce noi sentiamo affetto e rispetto, vita condivisa e servizio paziente e misericordioso: noi vogliamo affidarci solo alla tua guida, tu solo sei nostro vero pastore.

Gesù, buon pastore, tu sei la porta ampia dell’accoglienza e della verità, tu sei la porta alla conoscenza della nostra stessa interiorità, tu ci fai sentire amati e custoditi, donaci il discernimento creativo, per liberarci da una religiosità chiusa e soffocante.

Signore Gesù, pastore generoso e nostro redentore, insegnaci le strade che portano ai pascoli della vita; liberaci dalle scorciatoie della superficialità, che ci portano ad essere gregge passivo che si affida a mercenari senza amore; tu sei la porta alla vera conoscenza e alla vita piena.

Signore Gesù, pastore buono, c’è tanta gente che ha solo incontrato mercenari avidi ed egoisti nella propria vita; sono gli smarriti di tutti i tempi, umiliati e oppressi da una religione fanatica. Dona loro, o buon Pastore, consolazione e speranza, protezione e nuovo coraggio per affidarsi a te, incontrarti e riconoscerti (E. Bianchi).

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org