IV Domenica di Pasqua (Anno A) (30/04/2023)
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo». Giovanni 10,7-9
Risuona ancora in questa IV domenica di Pasqua, come nelle precedenti di questo lungo Tempo, santo e glorioso, la testimonianza di Pietro (I lettura, Atti), che Gesù ha stabilito pastore del suo gregge a immagine di Sé stesso, il Maestro: «Dio ha costituito Signore e Cristo colui che voi avete crocifisso». Quelli che ascoltano Pietro «si sentono trafiggere il cuore» e chiedono: «Che cosa dobbiamo fare?». L’apostolo indica il Battesimo «nel nome di Gesù», l’adesione alla Chiesa e ai Sacramenti, come strada della salvezza, «qualunque cosa il cuore rimproveri» (cfr. 1 Giovanni 3,20): «Per voi infatti è la Promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore».
Il Dono della Pasqua è la pace, è un perdono potente e totale, acquistato per noi con il Sangue di Cristo, è l’apertura delle Porte del Regno: tutti abbiamo ricevuto questo dono nel Battesimo, quando siamo morti con Cristo ed entrati con Lui nella Vita nuova. Da quel giorno la stessa promessa fatta ad Abramo e a Davide, nonostante le infedeltà, cammina proprio con ciascuno di noi. Per questo il cristiano è uno che, nelle vicende del mondo, spesso buie, dolorose, apparentemente senza soluzione, vive da risorto, associato a Colui che è uscito dal sepolcro, che è la «Porta» e ci apre alla salvezza e alla Vita che non muore. Comprendiamo noi questo come lo compresero quei «tremila» che ascoltarono Pietro e «furono battezzati»? Sappiamo, come loro, provare un autentico pentimento per il male che commettiamo, talvolta senza neanche accorgercene, e prestare ascolto docile, quali pecore del gregge del Risorto, «custode delle nostre anime» (II lettura, 1Pietro 2), alle parole dei nostri pastori, donatici da Gesù stesso perché, entrati essi pure «nel recinto dalla Porta», a loro volta ci guidino a «entrare ed uscire e trovare pascolo» (Vangelo, Giovanni 10)? Sappiamo tenere vivo il Dono che abbiamo ricevuto e regalarlo agli altri, facendoci compagni di chi cerca la Luce? Con lo stesso coraggio di Pietro, rivestiti come lui dello stesso Spirito che lo ha fatto parlare «in piedi, a voce alta» e in ogni lingua a Pentecoste, sappiamo dire al mondo che solo Gesù è il Pastore che nutre e custodisce (Salmo 22, Responsorio), che solo Lui è la «Porta» per entrare nella Vita, che solo Lui è venuto «perché abbiamo la Vita e l’abbiamo in abbondanza», e che gli altri che si fingono salvatori non possono salvare, ma sono tutti «ladri e briganti, venuti per rubare, uccidere e distruggere»?
PORTARE GESÙ
Farsi pastori per condurre al Pastore è una chiamata che accomuna i battezzati: lo Spirito che abita in noi dal Battesimo ci dà «intelletto, sapienza, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio»; forti di questi doni possiamo portare Cristo e annunciare la salvezza nel contesto in cui quotidianamente operiamo, ciascuno nel suo ordine: nella famiglia, al coniuge e ai figli, ai fratelli, agli amici, anche quelli lontani e apparentemente refrattari alla fede, persino a quanti non ci amano e ci osteggiano. Non si tratta di fare grandi proclami, ma di mostrare concretamente con una vita risorta che Gesù ha cambiato la nostra prospettiva sulle cose. Coraggio, la sua Luce passa attraverso noi!
Fonte:https://www.famigliacristiana.it