V Domenica di Pasqua (Anno A) (07/05/2023) Vangelo: Gv 14,1-12
Nella prima lettura di questa domenica vediamo che Ellenisti erano definiti quegli ebrei della diaspora, che fuori del territorio di Israele coniugarono la religione giudaica con la cultura greco ellenistica; i centri di maggior importanza furono Alessandria d’Egitto ed Antiochia.
All’interno di questi gruppi esisteva una certa dissociazione fra coloro che volevano mantenere il rigore dell’osservanza alla Legge mosaica e coloro che rimanevano più aperti agli influssi della cultura ellenistica. Lo stesso problema si creò all’interno della prima comunità cristiana fra quanti provenivano dalla religione ebraica e quelli di origine pagana; il fatto è ampiamente attestato soprattutto nel libro degli Atti degli apostoli (Ricordiamo le tensioni fra i Cristiani ebrei e Pietro e, soprattutto con Saulo, che, pure, era un fariseo).
L’ episodio narrato dalla lettura di oggi si inserisce in questa atmosfera di tensione, perché il servizio delle mense (l’attività caritativa della comunità) veniva ritenuto troppo favorevole alle vedove di origine ebraica: tale tensione, oltre ad inficiare il clima di serenità della comunità, obbligava gli Apostoli ad intervenire, a scapito del tempo che avrebbero dovuto invece dedicare alla spiritualità, alla predicazione ed alla preghiera.
Conosciamo l’esito di questa disputa, che portò a scegliere sette uomini di buona reputazione, cui affidare il servizio delle mense. (per lo più si vede in questo evento l’istituzione dell’ ordine diaconale). Gli uomini scelti, tranne un certo Nicola di origine pagana di Antiochia, dal nome sembrano tutti appartenere al gruppo ellenista, per cui si deduce che si preferì aumentare l’attenzione verso le vedove di origine greca, anche se, comunque, la scelta fu concorde ed ufficiale, presa solo dopo una calorosa seduta di preghiera e con l’imposizione delle mani da parte degli Apostoli, atto formale tipico del culto della prima chiesa, e non mancò dunque l’ispirazione dello Spirito Santo.
Questo episodio ci può far riflettere sul pericolo delle divisioni e delle rivalità sempre presenti nelle nostre comunità: se la Chiesa degli inizi indicata negli Atti come modello di santità, non era immune da tensioni anche piuttosto intense, non deve stupire se anche la Chiesa di oggi, dopo secoli di eresie di divisioni, nel clima di mondanizzazione che viviamo, viene squarciata abbastanza spesso da critiche e dissidenze, anche dal suo interno: non ci dobbiamo stupire. Ma dalla lettura di oggi possiamo anche imparare lo stile per rimediare: la preghiera fiduciosa e la speranza incrollabile nell’azione dello Spirito Santo.
Nella seconda lettura vediamo come Gesù stesso svolge nella Chiesa un ruolo, che può spiegare la facilità con cui possono insorgere contrasti relazionali all’interno di essa: Egli, infatti, come ci dice Pietro nella sua prima lettera, è allo stesso tempo la pietra che è stata scartata, proprio rifiutata e proprio dagli stessi costruttori, cioè da quelli che dovrebbero edificare la chiesa, perché si ritengono esperti, ma è in realtà la pietra angolare ossia quella su cui poggia e si sostiene tutto il carico della costruzione.
Ma non basta: Egli è anche la pietra di inciampo, la pietra sconnessa, che fa cadere, almeno nei confronti di coloro che non hanno fede, o che presumono di aver fede, senza possederla; l’incontro con Lui apre alla gioia, alla speranza, ma contemporaneamente, non manca di mettere alla prova la nostra fede, è come un aut, aut, che ci mette di fronte alla necessità di una scelta fondamentale ed esclusiva. È la scelta della Pasqua, che ci permette di divenire “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquisito”.
Nel vangelo di oggi è questa la promessa che Gesù ci fa: il brano è tratto dal capitolo 14 di Giovanni, nel contesto del lunghissimo discorso che Gesù fa ai suoi Apostoli nell’Ultima cena, noto come il testamento di Gesù, in cui sono ricordati gli insegnamenti più importanti ed entusiasmanti, lasciati ai suoi apostoli ed attraverso di essi, a tutti noi.
Qui, in primo luogo Gesù ci fa una promessa fondamentale, ci assicura il posto più ambito, nella dimora del Padre e, quel che più ci riempie di speranza, ce ne dà anche a garanzia la sua stessa Parola: “Se no vi avrei mai detto – vado a prepararvi un posto ?”
I temi della nostra fede, la Resurrezione dei corpi, la vita Eterna, la visione diretta di Dio sono, in realtà, argomenti tali da far “tremare le vene ed i polsi”, ma avere la garanzia della parola di Gesù risulta assolutamente rassicurante e ci permette di credere in piena serenità, perché la sua è parola totalmente credibile.
E la conferma della credibilità di Gesù viene direttamente dal Padre. Nell’episodio della disputa coi giudei seguita alla guarigione del paralitico alla piscina di Betsaida, Gesù stesso ci svela l’origine della testimonianza a suo favore: quella del Battista cui anche i Giudei avevano dato credito, quella delle Opere straordinarie da Lui compiute ed anche l’ascolto delle Scritture; ma alla base della fede in Lui ci deve essere la volontà di ascoltarLo, il rapporto d’amore verso di Lui, mentre i giudei non agiscono per amore di Dio, ma solo per vanagloria personale.
E noi? Non possiamo sentirci troppo sicuri ed allegri se notiamo l’atteggiamento mostrato dagli Apostoli di fronte al discorso di Gesù, perché ci accorgiamo che, perfino in un momento di così elevata tensione emotiva ed affettiva, continuano a dar sfoggio di incomprensione e fraintendimento.
Così Tommaso, che, pure pochi giorni prima, andando alla tomba di Lazzaro, aveva dimostrato grande generosità e coraggio, non riesce a comprendere di quale Via parli Gesù dicendo “Ne conoscete la via”; o Filippo che, pur essendo assieme a Lui da tanto tempo, non è ancora riuscito a cogliere il vero rapporto di Figliolanza di Gesù con il Padre.
Dobbiamo, comunque, essere grati all’ottusità degli apostoli, che ci ha permesso di ottenere dal Signore quelle due grandi definizioni di fede : “Io sono la Via, la Verità e la Vita”, “Io sono nel Padre ed il Padre è in me!”: su queste due tracce possiamo veramente scommettere ed impegnare tutta la nostra vita.
Il brano termina con un invito pressante da parte di Gesù alla fede in Lui, ci dice che con la nostra fede potremo perfino operare prodigi più grandi dei suoi!
Ma non deve essere la ricerca degli effetti prodigiosi che ci muove: l’opera più grande che possiamo compiere è di testimoniare ed indicare agli altri, a tutti coloro che incontriamo nella nostra vita, la conoscenza del Signore e del suo infinito amore misericordioso!
Fonte:https://www.figliedellachiesa.org