VI Domenica di Pasqua (Anno A)  (14/05/2023) Vangelo: Gv 14,15-21

  1. La prima lettura.
  • Gli Atti degli Apostoli presentano gli eventi della Chiesa nascente; eventi che fanno parte non soltanto della storia della Chiesa, ma innanzitutto della Rivelazione. Essi sono una “parola di Dio” valida per tutte le generazioni. Nel brano odierno, uno dei sette, Filippo, costretto ad andarsene da Gerusalemme a causa della persecuzione nella quale rimase ucciso Stefano, si trova in Samaria; e grazie a questa sua presenza il Vangelo è predicato in Samaria e anche lì nasce la Chiesa. Da ciò che
    sembrava una minaccia per il cristianesimo, dalla persecuzione, nasce invece una possibilità di diffusione del Vangelo. La Chiesa cresce e si diffonde – incredibilmente – anche in mezzo alla dura e
    impari opposizione. Come scrisse Tertulliano ai magistrati dell’impero romano che facevano uccidere i cristiani, «ad ogni vostro colpo di falce diventiamo più numerosi; è seme il sangue dei cristiani» (Apologetico 50). Nella vitalità della Chiesa si manifesta il mistero pasquale di Cristo, la sua vittoria sulla morte.
  • La nuova comunità rimane legata a quella di Gerusalemme, alla Chiesa a cui Filippo apparteneva, e a suoi capi, gli apostoli. Anche se per i samaritani l’evangelizzatore e il battezzatore è Filippo, si crea per essi anche un legame imprescindibile con la Chiesa “universale” fondata sugli apostoli. La presenza di Pietro e Giovanni in Samaria sta ad indicare questo legame. Essi hanno il potere di trasmettere lo Spirito Santo. Non ci può essere per dei cristiani nessun altro spirito se non lo stesso
    Spirito che è stato dato agli apostoli e tramite loro viene diffuso in tutta la Chiesa. Non possiamo ricevere nessun Spirito Santo se non siamo nella comunione apostolica (At 19,2-6).
  1. Il Vangelo.
  • La nuova alleanza.
  • Il brano di Vangelo odierno va compreso sullo sfondo del tema dell’alleanza. Con queste parole Gesù si presenta come il rivelatore definitivo del nuovo popolo dell’alleanza. Jahvè sul Sinai, prima che Israele entrasse nella terra promessa, aveva presentato i suoi comandamenti come base dell’alleanza (Es 20), vale a dire dell’amore sponsale fra Lui e il popolo; ora Gesù, prima di introdurre il
    nuovo Israele nella terra promessa della comunione con il Padre, presenta i suoi comandamenti, che hanno come sintesi l’amore reciproco nella misura di Cristo. Gesù chiama i suoi all’unione con lui, a quell’amore unico e indissolubile che trova nell’immagine matrimoniale la sua metafora migliore.
    L’amore nuziale della nuova alleanza fra Cristo e la Chiesa si fonda sull’osservanza dei suoi comandamenti.
  • La novità di questa alleanza consiste soprattutto nel dono dello Spirito il quale, oltre che a guidare i discepoli alla verità tutta intera (Gv 14,17; 15,26; 16,13), darà loro la capacità “interna” di osservare i comandamenti. Lo Spirito infatti rimarrà sempre con loro (Gv 14,16). Se all’inizio della creazione a causa del peccato Dio aveva detto “Il mio Spirito non rimarrà sempre nell’uomo” (Gen 6,3),
    ora che Gesù va a liberare l’uomo dal dominio del peccato lo Spirito di verità può e deve rimanere sempre in noi. Gesù è l’uomo forte che ha potere di liberare la casa dalla tirannia del demonio. Ma se la casa rimane vuota, il demonio ritornerà e la condizione di quell’uomo diventerà peggiore di quella precedente (Lc 11,21-26). Per rimanere nell’unione nuziale con Cristo il discepolo ha bisogno di osservare i suoi comandamenti, e per fare questo necessita di essere inabitato dallo Spirito di
    verità che gli fa ricordare i comandamenti di Cristo, gli fa capire cioè come applicarli alle situazioni concrete della sua vita, e gli dà la grazia per farlo. Se prima non era possibile amare Dio come Egli aveva comandato, ora «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Il compito primario per il cristiano consiste nel custodire questa
    presenza dello Spirito in lui.
  • L’inabitazione di Cristo nei discepoli. La grande novità che annuncia la Pasqua celebrata dalla Chiesa consiste non soltanto nel fatto che Gesù è risorto, ma che egli ha vinto definitivamente la morte: Cristo non muore più; continua a vivere per sempre (Rm 6,9; Eb 7,25; Ap 1,18). E tuttavia non è ancora tutto, perché Cristo non ha fatto questo per se stesso, ma per gli uomini. Il grande
    compimento, il grande frutto del mistero pasquale sta nel fatto che la risurrezione di Cristo, la sua vittoria sulla morte, viene concessa agli uomini. Attraverso l’effusione dello Spirito la vittoria sulla morte viene ad abitare negli uomini. Cristo non è semplicemente risorto; Cristo è la risurrezione. A Marta che professa la sua fede nella risurrezione finale Gesù replica che lui è la risurrezione e la vita. Nel momento in cui Cristo viene ad abitare nell’uomo mediante lo Spirito Santo, quell’uomo riceve già ora la risurrezione. Anche se Cristo ritorna al Padre e il mondo non lo vedrà più, i discepoli continueranno a vederlo perché egli vive in loro attraverso lo Spirito (Gv 14,19). Lo Spirito realizza quell’unione profonda, unica, quel “rimanere in” di Cristo; il quale è una persona viva, che continua a vivere in eterno, e che continua a manifestare al mondo la sua vittoria sulla morte mediante i suoi
    discepoli (Gv 14,21). Se Gesù dice ai discepoli «conviene a voi che io me ne vada, perché se non me ne vado non verrà a voi il Paraclito» (Gv 16,7), ciò significa che esiste qualcosa di più importante per gli uomini che non la presenza corporale di Cristo in mezzo a loro. Quello che è più importante è la presenza di Cristo in persona dentro i discepoli, perché solo così essi beneficeranno della
    sua risurrezione. Questa presenza interna è possibile soltanto tramite l’effusione dello Spirito.
  • Lo Spirito di verità (v. 17). Se c’è uno Spirito di verità c’è anche uno spirito di menzogna (1Gv 4,6), colui è quello che nega che Gesù sia il Cristo (1Gv 2,22), il salvatore. Lo spirito del mondo è lo spirito dell’anticristo che vuole negare che la salvezza venga da Gesù. Per quanto i cristiani testimonino la verità, rimane e rimarrà sempre una incomprensione radicale del mondo che vive nella
    menzogna. L’uomo “psichico” non comprende le cose delle Spirito di Dio, perché non ha questo Spirito, e senza di Lui tali cose non si possono comprendere (1Cor 2,11ss.). Solo chi ha ricevuto lo Spirito di verità può conoscere la verità riguardo le cose di Dio. È lo Spirito che ci dà testimonianza che Gesù è il Figlio di Dio (1Gv 5,5-6).
  • Il Paraclito (v. 16).
  • Lo Spirito di verità è chiamato il “Paraclito” (Parakletos). Letteralmente significa “colui che viene chiamato vicino”. Era il ruolo dell’avvocato difensore che, stando alla destra dell’accusato, gli suggeriva cosa dovesse dire per difendersi. Lo Spirito Santo però non svolge questo compito semplicemente dall’esterno, ma dal di dentro, perché egli dimora dentro i discepoli (v. 17). Inoltre questa
    presenza è costante; il Paraclito rimane “in eterno” (v. 16). La novità nel rapporto fra lo Spirito e gli uomini nel periodo post-pasquale è che mentre prima lo Spirito agiva in determinate persone in forma temporanea, ora si realizza una presenza stabile dello Spirito nei credenti (At 2,3), frutto del mistero pasquale.
  • Lo Spirito ci suggerisce tutto quello che dobbiamo dire o fare per combattere lo spirito di menzogna, il satana, l’accusatore, l’avversario. La paraklesis è generalmente qualcosa che ha a che fare con le parole. Sono le parole di “conforto, consolazione” che ci dice lo Spirito quando siamo tentati di dubitare dell’amore del Padre. L’unica vera paraklesis viene dallo Spirito Santo (At 9,31; cfr. Lc
    2,25). Infatti ci può essere anche un falso paraclito. In Gb 16,2 Giobbe chiama i tre personaggi con l’appellativo paraklétores kakōn, “consolatori malvagi”. Ci può essere un falso consolatore e una falsa consolazione. Anche il demonio può presentarci una consolazione a buon mercato, la consolazione del peccato. Il demonio ci invita a cercarci da soli delle consolazioni, senza aspettarci di essere consolati dal Consolatore. Lo Spirito di verità è quello che offre una vera consolazione (cfr. Is
    57,18: paraklesin alethinen), che può essere anche il rimprovero dei peccati (cfr. Gv 8,44-45; 16,8), affinché possiamo riconoscere e accogliere l’amore di Dio per noi.

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it