VI Domenica di Pasqua (Anno A) (14/05/2023) Vangelo: Gv 14,15-21
Abbiamo ascoltato a volte le parole di Gesù che ci fanno venire in mente un linguaggio che pare ignorare le fatiche e le angosce della vita, parole un po’ fuori dai problemi che oggi ci affliggono. “Lo Spirito dimora presso di voi e sarà in voi”.
Possiamo trovare intimistiche le parole di Gesù che rimandano a un’altra dimora a cui non pensiamo e della quale non ci preoccupiamo. Ci attira di più la dimora esteriore, la bellezza e il calore di una casa, di un appartamento, di un edificio.
Ma c’è un’altra casa, una dimora, altrettanto importante, più importante, tanto che se non c’è, la nostra vita perde calore e luminosità. La dimora è un amico, un fratello è questa dimora. Se sei in una casa anche bella, ma se chi vive con te è fuori con i suoi pensieri e non ha dimora in te, che casa è? che vita è?
Gesù ci parla di se stesso che dimora in noi e di noi che dimoriamo in lui. “Vi chiamo amici”, dice di noi Gesù. Non ci dice allora cose astratte ma parole che si avvicinano all’esperienza dell’amore,
che è un dimorare uno nell’altro emotivamente e spiritualmente. Il cuore dell’altro è diventato una dimora. Il cuore degli amici sono la mia casa.
Possiamo usare altre immagini. Mi sono venute in mente quelle del Cantico dei Cantici che ho letto, sempre con emozione, un po’ di tempo fa, a un matrimonio. E ho pensato che in qualche misura potrebbero essere riferite anche al rapporto dei discepoli con il Signore. “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio perché forte come la morte è l’amore. Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo”. (Ct 8, 6-7)
Questa esperienza fa del tuo fratello un amico, il destinatario o l’orizzonte del tuo amore. Questo significa che anche Dio è diventato parte di te, un amico. È come se lui fosse scolpito in modo incancellabile nel tuo cuore, come se fosse inciso sulla tua pelle come un tatuaggio per sempre.
Gesù parla di questa dimora reciproca e ci dice che la fede in lui non è semplicemente qualcosa di razionale ma è una questione di cuore che chiede spazio in noi. Gesù vuole la verità della
relazione con lui e tra noi.
È bellissimo l’invito che apre la lettera di Pietro: “Adorate il Signore Gesù, nei vostri cuori”. Sì, nel silenzio del cuore sentiamo che Gesù, con la sua parola, prende dimora in noi. E sentiamo che questa relazione con lui esige accoglienza e attenzione, come ogni vera relazione.
Gesù ci invita a vivere i suoi comandamenti e, per primo, il comandamento dell’amore. “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, mi ama”. I comandamenti devono diventare un fatto di cuore. Una questione di cuore. E mi colpisce ancora una volta la parola “osservare”.
Noi l’abbiamo appiattita riducendola a una osservanza, spesso solo esteriore e meccanica. Ma osservare significa anche guardare con attenzione, indugiare con lo sguardo, ammirare e
interiorizzare, per conoscere e capire fino in fondo, con la voglia di interpretare. I comandi del Signore non sono ordini da eseguire ma amore da riconoscere e accogliere, per cambiare gli occhi e per cambiare il cuore e cambiare la vita.