Ascensione del Signore (Anno A)  (21/05/2023) Vangelo: Lc 24,46-53

Domenica della solennità dell’Ascensione, cosa vuol dire Ascensione? Ascensione significa “salita”. Il Signore Risorto ritorna nella sua casa per restarci. La solennità si trova a intervallo tra la Pasqua e Pentecoste, dove potrebbe sembrare che il Cristo ci abbia lasciati da soli, per tornare dal Padre ma scopriremo ancora una volta che il Signore ci porta verso il comandamento nuovo: l’amore.

Il brano del vangelo lo possiamo dividere in due parti, l’incontro con Gesù e cosa nasce da quest’ultimo incontro; inoltre,possiamo vedere tre passaggi: la presentazione di Gesù dove dice: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra»; la missione dove il Risorto dice: «Andate e fate discepoli tutti i popoli»; la promessa della sua presenza: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Pregando la Parola, mi risalta al cuore: «i discepoli andarono in Galilea». La Galilea è il luogo dell’inizio, dove i discepoli stessi vengono chiamati a seguire il Maestro; è il luogo del quotidiano ed è lì che incontriamo il Signore, nella routine di ogni singolo giorno. Può sembrare strano, noi non lo abbiamo mai visto in carne ed ossa ma lui c’è. È nel versetto 20 che scopriamo come il Signore è presente nel nostro quotidiano, quando assicura i suoi discepoli «Io sono con voi tutti i giorni», è un versetto intenso, pieno di significato.

«Io sono» è il nome impronunciabile di Dio, per il quale Gesù è stato perseguitato e condannato a morte perché si è definito Figlio di Dio; «con voi» è il completamento del nome stesso di Gesù, l’Emmanuele che significa Dio con noi, il quale attraverso il Figlio entra in relazione con ognuno di noi divenendo Padre mio, tuo, di tutti; «tutti i giorni» è il quotidiano, è la storia di ciascuno e di tutti nello stesso tempo. Il Signore si è fatto presente nella nostra vita, durante tutta la storia, con la presenza dello Spirito Santo per dirci io ti amo così come sei.

I discepoli sono undici e non dodici come inizialmente, Giuda il traditore non ha retto il sentirsi traditore del Maestro e non ha compreso che Gesù va oltre i nostri tradimenti, i nostri rinnegamenti, il nostro abbandonarlo, ci lascia liberi di scegliere, non pretende nulla da noi, ci ama a prescindere, ci ama nella nostra diversità, ci ha creati a sua immagine e somiglianza ma diversi. A questo riguardo mi pongo alcune domande: credo di essere amata dal Signore per quello che sono? Oppure non mi sento all’altezza di tale amore?

Il Signore va oltre quelli che possono essere i nostri parametri d’amore. L’evangelista utilizza il termine discepolo per evidenziare il mettersi alla sequela del Signore, andare dietro di Lui unico Maestro. È la promessa che si compie «Io sono con voi, tutti i giorni», il Signore non ci lascia più soli, il Dio per noi, in noi e con noi è la nostra guida ed è presente in ognuno di noi, ha preso la sua dimora nei cieli e la completa in terra, la sua dimora è in noi: ci crediamo? Lo incontriamo dentro di noi o lo cerchiamo fuori? Sant’Agostino così scriveva “Tardi ti ho amato,bellezza così antica e così nuova,tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo”, cerca fuori colui che era dentro di lui.

Nel versetto 17 troviamo due verbi che mi colpiscono «si prostrarono» e «dubitarono», i discepoli lo riconoscono e davanti alla potenza del Signore si prostrarono ma contemporaneamente dubitarono. Si prostrarono segno di adorazione, l’adorazione non è il semplice gesto di prostrazione che facciamo abitualmente ma è un corrergli incontro, abbracciarlo, baciarlo, come Pietro che all’udire le parole «è il Maestro» immediatamente si precipita in mare per raggiungere la riva; come Maria Maddalena che a sentire pronunciare il suo nome si stringe a Lui; come i discepoli di Emmaus mentre il Signore discorreva con loro si sentono ardere il cuore. I discepoli nell’andare all’appuntamento sono entusiasti, ci vanno di corsa, si sono preparati, si sono lasciati addomesticare così come si legge nel libro de “Il Piccolo Principe” dove la volpe spiega al piccolo principe, appunto, il valore dell’essere addomesticati, non è un fare chissà che cosa ma è un prepararsi all’incontro per abbracciarsi, giocare e parlare cioè entrare in relazione. I discepoli nonostante il loro vivere diversi momenti con il Risorto ancora il loro cuore dubita. Mi pongo una domanda: il mio inginocchiarmi davanti al Signore è vero o è dubbioso?

Il dubbio non è qualcosa di negativo anzi porsi domande sulla propria fede non fa altro che stimolare la relazione con il Signore, è questa continua ricerca di voler contemplare il suo volto, di poterlo sentire vicino a noi, è il dono della fede. Ogni fede seria è accompagnata dal dubbio che è segno di libertà che ci fa porre le giuste domande. Qui cambia la mia domanda che non è più se “la mia fede è vera o dubbiosa”, ma “so alimentare la mia fede con le giuste domande per approfondire la mia relazione con il Signore?

«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra». Il termine potere deriva dalla parola “exousia” che vuol dire più specificamente “essere da” cioè è uno che è da Dio e ha il potere di Dio. Il potere di cui parla Gesù ai suoi non è il potere umano ma è il potere dell’amore, un potere che ognuno di noi può attingere, può immergersi, è come ri-entrare nel grembo materno dove eravamo super protetti, così è Dio Padre, Lui ci abbraccia e ci fa sentire protetti, ci ama di un amore che dal cielo è sceso in terra e si è fatto pane per renderci amore, amati e amanti in Cristo attraverso lo Spirito Santo. L’Eucarestia e la Parola sono le fonti dove poter attingere per imparare il comandamento nuovo che ci spinge ad amarci gli uni gli altri così come ci ama Lui. Gesù ha voluto far comprendere ai suoi discepoli l’importanza della vera relazione con lui e con gli altri per poter affidare a loro la missione che porteranno nel mondo, «fino ai confini del mondo». Non ci chiede di fare fuochi d’artificio, di inventarci chissà quali grandi opere, o quali grandi strategie, ma fare come ha fatto lui: andare per le strade del mondo e dire che Dio è Padre e che ci ama; voglio utilizzare le parole di Madre Maria Oliva Bonaldo, fondatrice delle Figlie della Chiesa, «gridare al mondo intero che Dio esiste ed è amore». Questo è ciò che siamo chiamati a fare ancora oggi, camminare per le strade del mondo e con il nostro modo di fare testimoniare l’amore.

«Andate e fate discepoli tutti i popoli», questa è la missione che è affidata ai discepoli ma che è consegnata ad ognuno di noi. Si, ognuno di noi è discepolo di Cristo perché attraverso la diffusione di chi ci ha preceduto siamo tutti alla sequela di Cristo,Figlio di Dio, tramite il soffio dello Spirito Santo. Siamo chiamati ad essere discepoli e a formare nel cuore di chi ci incontra la voglia di entrare in relazione e seguire il Signore Risorto, nella propria storia.

Buon cammino alla scoperta del Dio in noi per entrare in relazione filiale con Lui!

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org