Solennità di tutti i Santi – 01 novembre 2022
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui
i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di
male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa
nei cieli».
(Mt 5, 1-12)
Nell’occasione della celebrazione di tutti i santi mi frusciano alcune domande: “Chi sono i santi?
Erano persone senza fragilità? Solo i santi canonizzati sono santi?”
Chi sono i santi? Siamo spinti, da lunga educazione a considerare i santi come coloro che
hanno compiuto miracoli e che continuano a compierli. Considerati così ci rivolgiamo a loro come
intercessori e li invochiamo per ottenere grazie e favori, e magari un miracolo. Non mi pongo
contro questo atteggiamento in maniera risoluta, ma non lo ritengo né quello più vero, né quello da
appoggiare. I santi sono persone a cui ispirarsi per un modo di pensare e di vivere e non di cui
servirsi.
Essi sono persone che hanno messo al centro della loro vita Dio e Gesù e da loro hanno attinto
l’ispirazione e la forza di amare gli uomini senza differenza di razza o di religione. Si sono spesi per
essi soprattutto per i più poveri, gli indifesi, i più bisognosi di affetto e di cura. Hanno amato
radicalmente l’uomo e si sono battuti perché ognuno diventi uomo con la sua dignità e libertà.
Recentemente Papa Francesco ha canonizzato il Vescovo Oscar Romero ucciso mentre celebrava la
Messa e fu ucciso per aver difeso la libertà del suo popolo e i diritti degli operai contro la
prepotenza del governo dittatoriale. Egli è chiamato il “Santo dell’America latina”. Questi
rivolgendosi ai suoi fedeli diceva: “Una religione di messe domenicali, ma di settimane ingiuste non
piace al Signore, una religione piena di preghiere, ma senza denunciare le ingiustizie non è
cristiana”. Insieme con Oscar Romero è stato proclamato santo anche Paolo VI, il papa della
modernità, che ha aperto la Chiesa verso il mondo. Questo Papa sosteneva che per amare realmente
gli uomini e le donne non basta l’accoglienza e neppure garantire loro il pane e la casa, occorre
lottare contro una economia che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Per
questo affermava: “La carità o è politica o non è carità”. L’impegno politico per la giustizia è un
modo esigente di vivere la fede.
I santi non vanno visti quindi come intercessori ma come ispiratori, devono ispirare la nostra vita ad
amare le persone e a lottare contro ogni povertà.
I santi sono persone umane. Essere persone umane vuol dire essere segnati da vulnerabilità e
fragilità. Non erano persone senza peccati, ma dei credenti che nonostante le loro debolezze e
fragilità si affidavano alla misericordia di Dio.
I santi non solo erano vulnerabili, ma realmente vulnerati, feriti, ma che hanno trovato in Dio la
forza di affrontare la loro debolezza. Ammettere di essere deboli e peccatori vuol dire sentirsi più
umani e più compassionevoli. Accettare di essere imperfetti e saper vivere nell’imperfezione è
amare sé stessi come si è senza pretendere la perfezione.
Perché una festa di tutti i santi? Forse il primo motivo è sollecitare in tutti i cristiani
l’impegno a camminare verso la santità. Anche il Concilio Vaticano II afferma che tutti, nella
chiesa, sono chiamati alla santità e che la santità appartiene alla vocazione di ognuno: questa festa è
dunque un’evocazione di questo impegno e di questo cammino di cui parla Papa Francesco in
“Gaudete et exultate”.
Però, a mio parere, vi è un secondo recondito e positivo motivo alla base di questa festa.
I santi non sono solo quelli canonizzati, quelli riconosciuti dal Papa. Ce ne sono molti altri, magari
anche più grandi di quelli riconosciuti, vissuti nel silenzio, che hanno operato senza molta visibilità,
o che non hanno avuto un gruppo di persone che sostenesse la loro causa, anche a livello economico
oltre che di pressione istituzionale.
Molti santi detti “profetici” non sono stati dichiarati santi perché, pur essendo ancorati fortemente
nella preghiera, nella fede, nella passione per l’uomo, si sono mostrati critici verso forme poco
evangeliche dell’istituzione ecclesiastica. Questi santi hanno avuto magari l’ardire di contestare
certe scelte e certi metodi di vivere anche all’interno della stessa Chiesa. Essi non saranno mai
dichiarati santi, perché non allineati; nonostante ciò la Chiesa intuisce che davanti a Dio lo sono, e
forse in maniera più piena e più vera di tanti altri che hanno avuto l’onore degli altari. Essa
percepisce che i criteri ecclesiastici di santità, non sempre corrispondono ai criteri di Dio e quindi
ha ritenuto importante proporre una festa in cui anche i santi non canonicamente riconosciuti,
vengano esaltati.
Ci sono ancora i santi? Quante mamme e quanti papà hanno lavorato per la famiglia,
hanno amato la loro parrocchia, hanno vissuto il senso della solidarietà e dell’ospitalità verso tutti
con amore e abnegazione! Essi sono dei veri santi. Quanti preti hanno speso la loro esistenza nel
servizio della comunità, molte volte non capiti dalla gente, incompresi dall’autorità religiosa;
eppure sono rimasti fedeli al loro impegno. Essi sono dei veri santi. Quanti politici o sindacalisti
hanno saputo mettere al centro il bene comune, e non i propri interessi, e si sono prodigati anche di
fronte al dissenso, all’ostilità, a promuovere i diritti di tutti e a difendere la dignità dei poveri. Essi
sono realmente santi. La santità è più diffusa di quanto si pensi perché vi sono molte persone che
sanno mettere al centro non il proprio io, ma l’altro. Questo segna il cammino verso la santità. La
prima beatitudine “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” esprime proprio
questo. Povero non è tanto colui che non possiede, ma colui che non si possiede: colui che non
cerca i propri interessi, che non tenta di fare carriera a tutti i costi, che non cerca la propria
affermazione, ma colui che persegue gli interessi degli altri, la loro affermazione, la loro
promozione.
Due piccoli impegni:
- Riconoscere che ci sono santi, come i profeti, che non sono dichiarati tali, ma lo sono
davanti a Dio e alla comunità. - I santi, non sono tanto intercessori, ma ispiratori.