Mons Angelo SceppacercaCommento SS. Corpo e Sangue di Cristo (Corpus Domini)

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B)  (02/06/2024)Liturgia: Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16.22-26

Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: “Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?”. Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: “Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi”.
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.
Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò di nuovo nel regno di Dio”.
E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Mentre Giuda impasta il tradimento e si consuma la corruzione dei capi dei sacerdoti e degli scribi, due discepoli preparano la Pasqua come fosse un atto liturgico. I capi del popolo vogliono eliminare Gesù, ma la storia è nelle mani di Dio; anche le nostre storie sbagliate sono “dentro” l’unica storia della salvezza. Dio risponde al tradimento dell’uomo con il supremo dono di se stesso.

Qui è descritta la preparazione secondo l’antica tradizione di Israele in un ambiente interno alle mura; ma irrompe l’assoluta “novità” della storia di Dio. E’ una Pasqua come tutte le altre, eppure è la vera Pasqua della quale tutte le altre erano solo profezia. Sembra che molti decidano in segreto il corso degli eventi; in realtà è Gesù che dirige i gesti e prepara la Pasqua con parole e gesti che lo mostrano Signore. Fa tutto il Signore (è Dio che ci salva), ma i suoi devono prepararla con cura e nei dettagli. La pasqua veniva celebrata in famiglia; questa è dei discepoli con Gesù, una nuova familiarità che non annulla gli altri. Questo segno della pasqua preparata e consumata è lungo di millenari, ma l’essenziale di questa cena si è custodito fino ad oggi, fino alla nostra. Passano le generazioni, ma il Maestro è sempre lì.

Pasqua è un sacrificio capovolto. Tutte le religioni prevedono l’offerta di sacrifici alle divinità. Anche Israele aveva conosciuto una lunga strada di liturgie sacrificali, dalla povertà del deserto allo splendore del tempio di Gerusalemme. Ora il velo si apre: non è l’uomo che offre a Dio, ma Dio offre se stesso per la salvezza dell’uomo. L’agnello della Pasqua ebraica era simbolo dell’Agnello di Dio.

‘Prese il pane, prese il calice’, gesti semplici, che possiamo fare anche noi tutti i giorni. Tutti bevono a quel calice che contiene il suo sangue ‘versato per molti’. ‘Prendete, bevete’: è un comando che risponde ad un grande desiderio di comunione. È Dio che ci ha amati per primo.

Due verbi importanti: benedire (benedizione sul pane) e ringraziare (ringraziamento sul vino). L’Eucarestia è il sacrificio d’amore che Gesù, il Figlio, ha compiuto dentro il suo rapporto col Padre: dona la sua vita, tutta affidata al Padre, con una riconoscenza senza fine.

Il patto di Mosè si infranse, come le tavole della legge, dinanzi al vitello d’oro; la nuova Alleanza non può essere spezzata da nessuno perché non dipende dalla fedeltà del popolo, ma è collegata a quella di Dio.

Il sangue di Gesù è versato “per molti”, un’espressione ebraica che significa “la moltitudine” e comunque esprime la volontà salvifica universale. E questa Cena diventa il principio morale di tutta la vita umana perché illumina l’insegnamento di Gesù che raccoglie tutte le leggi nell’unico comandamento dell’amore. La santa martire ebrea (Edith Stein), Santa Teresa Benedetta della Croce ci invita a spendere la nostra vita per amore.

E’ festa, oggi, perché è il dies Domini, il giorno del Signore, e ancor più perché è la solennità del Suo Corpo e Sangue. Oggi, innanzitutto, ogni cristiano pieghi le ginocchia e si prostri dinanzi al Santissimo Sacramento in adorazione del Dio fatto uomo, fatto carne in Gesù, fatto pane spezzato e sangue versato. Il Corpus Domini è il banchetto del Re a cui siamo invitati dalla Sua predilezione: è il pane degli angeli, il pane dei pellegrini, il vero pane dei figli.

Questo pane ci è necessario, perché ci è necessaria la fede, la speranza, l’amore. Così pregava il papa Paolo VI: “Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e per dare ad essa un valore d’espiazione e di redenzione. Tu ci sei necessario, o Vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione e per avere certezze che non tradiscono in eterno“. E queste le espressioni dell’antico testo della Didaché: “Ti rendiamo grazie, o Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai dato per mezzo di Gesù tuo Figlio. Gloria a te nei secoli! Come questo pane spezzato, prima sparso sui monti, è stato raccolto per farne uno solo, così raccogli la tua Chiesa dalle estremità della terra nel tuo Regno“.

La presenza di Gesù nell’Eucaristia è la più grande e straordinaria, perché tocca la materia, il pane e il vino, ma anche la più difficile perché chiede di vedere oltre, con gli occhi della fede. La fatica del credere non è ostacolo, ma occasione per una più chiara manifestazione del Signore risorto, come fu per il dubbio dell’apostolo Tommaso.

Lanciano, piccola cittadina abruzzese, conserva il più straordinario miracolo eucaristico della storia. Così recita un’epigrafe: “Circa gli anni del Signore 700 in questa chiesa allora sotto il titolo di san Leguntiano dei monaci di san Basilio dubitò un monaco sacerdote se nell’Hostia consacrata fosse veramente il Corpo di nostro Signore e nel vino il Sangue. Celebrò messa e, dette le parole della consacrazione, vidde fatta Carne l’Hostia e Sangue il vino. Fu mostrata ogni cosa ai circostanti et indi a tutto il popolo. La Carne è ancora intiera et il Sangue diviso in cinque parti disuguali che tanto pesano tutte unite quanto ciascuna separata”. Questo nel 636. Le analisi scientifiche (anatomia e istologia patologica, chimica e microscopia clinica) più recenti (1970 e 1981) hanno dato questo referto: “La Carne è vera Carne. Il Sangue è vero Sangue. La Carne e il Sangue appartengono alla specie umana. La Carne è un Cuore completo nella sua struttura essenziale…La Carne e il Sangue hanno lo stesso gruppo sanguigno: AB…Nel Sangue sono state ritrovate le proteine normalmente frazionate con i rapporti percentuali quali si hanno nel quadro sieroproteico del sangue fresco normale“.

Tagli le radici e l’albero muore. Togli i cardini e la porta cade a terra. Giovanni Paolo II ha usato proprio questa similitudine: «Non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della santa Eucaristia» (Ecclesia de Eucharistia 33). Strettissima, infatti, è la relazione tra il corpo ecclesiale e il corpo eucaristico di Cristo. Chiesa ed Eucaristia sono entrambe il corpo di Cristo.
La Chiesa si nutre e vive della Parola di Dio e del Pane eucaristico. È la persuasione e l’esperienza di sempre. Parola ed Eucaristia vengono ricevute mediante la fede ed entrano nella mente e nel cuore. Accogliere Gesù come pane della vita disceso dal cielo significa credere in lui e mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Un’autentica spiritualità cristiana non può che essere biblica ed eucaristica nello stesso tempo. La mensa della parola dispone alla mensa del Corpo e del Sangue.

Un libro sui “martiri della Cina” (G. Fazzini, In catene per Cristo. Diari di martiri nella Cina). Tra questi, Gaetano Pollio, missionario italiano del PIME, poi arcivescovo di Kaifeng, arrestato e costretto ai lavori forzati per sei mesi nel 1951 e infine espulso. Una pagina del suo diario, poche parole, come la Sequenza che si recita oggi, solennità del Corpo e del Sangue di Cristo.
Era il 1951. In quel carcere, dove i cristiani pregavano, soffrivano e s’immolavano, giorno dopo giorno, per il trionfo della fede, ho rivissuto scene di catacombe. Celebravo clandestinamente la santa messa. Uno sgabello: il mio altare. Una scodella per l’acqua bollente, passata due volte al giorno: il mio calice. Essendo sotto accuse e processi di carattere politico, i dirigenti, per timore che mi ammalassi, e fossero privati della gioia di vedermi fucilato, permettevano che mi venisse portato del pane di frumento da un catechista della diocesi: la mia ostia. Mancava il vino. Chiesi una bottiglia di aceto di uva quale medicinale; i miei missionari capirono e consegnarono una bottiglietta di vino da messa. Vestito da galeotto, in piedi, o seduto a terra davanti a quello sgabello, nel palmo della mano un boccone di pane, nella tazza un po’ di vino. La messa della Vergine e il canone su foglietti nei quali i missionari avvolgevano il pane. Una sentinella li scoprì e li stracciò, ignorandone il contenuto. Celebrai cinquantanove volte.
“Piccola bellezza” ha quattro anni, figlia di una delle otto ragazze rinchiuse nella cella accanto. Comunicavano con me attraverso la piccola Siao Mei; attraverso le sbarre, mi diceva: “Nostro vescovo, come stai? La mamma e le zie mi mandano a salutare. Che cosa devo dire loro?”. E io: “Piccola bimba, di’ alla mamma e alle zie di non temere, di essere forti e di recitare tanti rosari”. La cella delle otto ragazze e Siao Mei era divenuta un santuario: più volte l’ostia consacrata vi entrò di nascosto. L’eucaristia, conforto e forza del nostro pellegrinaggio terreno.
Nei piccoli pani cinesi i missionari nascondevano alcune particole consacrate; le detenute spezzavano i pani e vi trovavano le ostie e si comunicavano. Ogni volta lasciavano una particola in un pane, e lì sedute sulle stuoie facevano adorazione tutto il giorno in silenzio. In una lurida cella si nascondeva il Re dei re ed era più preziosa di tante nostre chiese, spesso deserte.
Il viatico portato dal piccolo angelo. Nel terzo cortile era stata relegata una amica, Giuseppina Ly: come fare per mandarle l’eucaristia? Pensarono alla piccola Siao Mei, con l’ostia avvolta in un fazzolettino posto nel taschino del vestitino, sul suo cuore. La madre le domandò: “Se la sentinella ti trovasse addosso l’ostia, tu cosa farai?” e la bimba calma: “La mangerò e non la darò al carceriere”. La sentinella voleva cacciarla fuori del cortile, ma Siao Mei si mise a piangere e a singhiozzare. Così riuscì quattro volte a portare la comunione alla “zia”.

Mons Angelo Sceppacerca2 giugno 2024

Fonte:https://www.diocesitrivento.it/