Figlie della Chiesa Lectio XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (23/06/2024) Liturgia: Gb 38, 1.8-11; Sal 106; 2Cor 5, 14-17; Mc 4, 35-41

La Liturgia della Parola della XII domenica del Tempo Ordinario offre al credente una bella occasione per riflettere e chiedersi: «Chi è Gesù?», e anche: «Cosa fare per avere di Gesù un’immagine chiara e vera e così credere in Lui e seguirlo?»

In quel giorno…

Il brano evangelico si apre con questa notazione temporale che lo collega ai versetti precedenti del capitolo 4, di cui fa parte. Durante la giornata, Gesù aveva insegnato ai discepoli e alla folla attraverso alcune parabole: del seminatore, del seme che spunta da solo, del granello di senapa; in più, aveva spiegato loro come bisogna ricevere e trasmettere il suo insegnamento.

Sono tutte parabole in cui protagonista è il seme (è il Signore, è il suo Regno); è lui che ha la forza di crescere, maturare e portare frutto; mentre il terreno (la nostra vita, la nostra fede) ha la sua ragion d’essere nella misura in cui sa farsi accogliente nei confronti del seme.

Il racconto con cui si chiude questa giornata di Gesù, ci narra di una tempesta, sedata grazie al suo intervento; è un po’ la sintesi del suo insegnamento. Ora al posto del terreno c’è una barca ed è qui che bisogna far salire e accogliere Gesù, per dare alla nostra esistenza la rotta giusta verso un approdo sicuro; per non perdere l’orientamento anche durante le tempeste.

Passiamo all’altra riva

Gesù invita i discepoli a passare all’altra riva del Mare di Galilea. Nel vangelo secondo Marco, passare all’altra riva è un modo che permette all’evangelista di raccordare quanto raccontato precedentemente nel vangelo con le scene successive. Tuttavia, questo “passare” non è solo un espediente narrativo per collegare le varie parti del racconto, è qualcosa di più: significa, anche, lasciare il proprio territorio (e dunque la propria patria, le proprie cose, le proprie certezze) per approdare in un territorio pagano ed entrare in una realtà sconosciuta e, per certi versi, ostile. Ciò significa che quando si acconsente a far posto al Signore bisogna anche accettare che sia Lui ad indicare il percorso, rendendosi disponibili a vivere le novità che Egli propone, anche se possono richiedere fatica, sacrificio, rinuncia alle proprie certezze.

Lo presero così com’era …

I discepoli hanno modo di provare se effettivamente hanno accolto Gesù: all’inizio, essi sembrano cominciare bene, prendendolo sulla barca così com’è: una sottolineatura in apparenza non necessaria e che invece, ad una lettura più profonda, diviene illuminante. Gesù, infatti, non si può accogliere pretendendo che Lui debba cambiare il suo insegnamento o i suoi atteggiamenti a nostro piacimento; o desiderando aggiustare la sua Parola nel modo a noi più congeniale: Gesù o lo si prende così com’è o non lo si accoglie affatto.

Ed ecco che qui una grande prova è pronta a saggiare la fede dei discepoli: la traversata è più complicata del previsto: si scatena una tempesta, la barca rischia di affondare. Mentre i discepoli si agitano impauriti e temono di morire, Gesù dorme.

È forte il divario tra Gesù e i discepoli: Lui dorme, dando un’idea di calma e tranquillità, mentre intorno a Lui ci sono paura e trambusto. Altrettanto forte però è la reazione dei discepoli, i quali, sperimentando un senso di abbandono e di delusione, quasi gli rinfacciano: “Non t’importa che siamo perduti?”.

A questo punto, Gesù, svegliato, minaccia il vento e calma il mare, riportando tutto alla tranquillità; ma anche rimprovera i discepoli per la loro paura, segno di una fede ancora non matura, che non si è ancora sintonizzata con la rotta indicata dal Signore. Possiamo qui leggere come una specie di paradosso: il vento e il mare obbediscono a Gesù, perché sanno Chi è e sanno riconoscere la sua voce, mentre i discepoli ancora non sono in grado di farlo. Questa mancata, o comunque ancora incompleta, accoglienza fa restare il dubbio nel cuore dei discepoli, i quali si chiedono: “Chi è dunque costui?”. E lo scopriranno soltanto in seguito, contemplando il Maestro risorto da morte e ispirati dallo Spirito Santo.

Ricadute per la nostra vita

Anche noi,siamo chiamati ad accogliere Gesù, a farlo salire sulla barca della nostra vita, della nostra fede: ma… siamo capaci di prenderlo così com’è, per condividere il nostro viaggio?

A volte non è facile dominare il proprio io per dare spazio al Signore, per far essere e crescere la sua presenza in noi… Ma qui è in gioco il nostro stesso esistere: se la barca è senza Gesù, essa vaga alla deriva e il nostro viaggio non troverà mai una mèta autentica che ci soddisfi; la nostra vita diventa come un terreno sterile che non dà frutti che possano appagare noi e gli altri. Invece, diventando accoglienti verso Gesù, in umiltà, si accetta di lasciarsi guidare da Lui, di morire ai nostri dubbi, alle nostre paure fatte di egoismo e di presunzione, per essere nuove creature nel suo amore (come ci suggerisce la II lettura). Se ci si lascia plasmare da quella verità che Lui porta in sé, ricevendo il suo Spirito Santo, si può accettare anche di vivere le fatiche e di essere riconoscenti per l’aiuto della comunità (altre barche che accompagnano quella di Gesù con i discepoli)…

Possiamo quindi interrogarci:

  • Quali resistenze mi impediscono di prendere il Signore così com’è?
  • Riesco ad aprirmi alle novità del Signore?
  • In chi, dove, trovo la forza per accogliere il Signore?
  • In che misura, mi impegno ad essere creatura nuova nel Signore?
  • Cosa vuol dire, per me, camminare con il Signore?
  • Nella sofferenza, come percepisco Gesù: lontano o vicino al mio dolore?

Vivere, viaggiare insieme con Gesù non ci dà la sicurezza che saremo sempre liberi dagli attacchi del male, ma ci assicura che attraversiamo ogni tempesta accompagnati dalla sua presenza. Nei momenti difficili, ci sembra che Gesù stia a dormire, restando lontano dalle tempeste in cui ci troviamo, disinteressandosi delle nostre vicende. In verità, il Signore non ci abbandona mai e ci accompagna sempre nei nostri percorsi. Questa certezza ci è data da due motivi:

1) Gesù ha potere su tutte le cose e pone un limite alla forza del male, in attesa che esso sia sconfitto definitivamente, perché Lui è Figlio di quel Dio che è Signore del creato (cfr. I lettura);

2) Gesù è il seme che è sceso nella terra della morte, è il maestro che si è calato nelle acque di ogni sofferenza per riemergere vittorioso, risorgendo; il sonno di Gesù è il suo morire per amore, prima di risvegliarsi alla vita: nella sua forza, la tempesta potrà essere violenta, ma non abbastanza da travolgerci; il vento del dolore potrà essere gelido ma non abbastanza da scalfire il nostro cuore e la nostra speranza. Ed ogni traversata giungerà ad un approdo: alla gioia, alla vita.

Fonte:igliedellachiesa.org/


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