Pieve di Scandiano Commento XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) 

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (23/06/2024) Liturgia: Gb 38, 1.8-11; Sal 106; 2Cor 5, 14-17; Mc 4, 35-41

Quando si legge il Vangelo mi sembra che non si capisca mai bene cosa sia “morte”, cosa sia “il male” e cosa invece “vita” e “bene”. Tante volte per me “il bene” sfocia in benessere, la vita in una questione di salute, mentre san Paolo nel peccato vede la morte e invece la vita in Gesù Cristo.

Poi ho capito che nella Bibbia il mare è una metafora per il male, cioè quando chi scriveva i Vangeli (o anche altri libri della Bibbia) scriveva “mare” spesso voleva dire “male”.

Il Signore quando libera il popolo dalla schiavitù in Egitto sembra che lo faccia passare in mezzo a dolori e sofferenze per portarlo alla vita, gli fa attraversare il deserto e fa morire tutta una generazione. Sembra che lo faccia perché aveva provato, anche in modo diverso, a creare una relazione con il popolo, ma ha durato poco. Quando ascoltavamo le letture del Corpus Domini abbiamo sentito come nel rito con il quale Mosè asperge il popolo nel sangue dell’alleanza, in obbedienza a Dio, ritualizza e vivifica l’alleanza tra il popolo e Dio stesso, come se partecipassero della stessa vita, unita nel sangue dell’agnello. Abbiamo anche ascoltato come Gesù, il vero agnello, nell’ultima cena offre il suo corpo e il suo sangue ai suoi discepoli per istituire una nuova alleanza con il popolo di Dio. Dopo tutti e due i riti questo “popolo scelto” tradisce subito l’alleanza. Nel libro dell’Esodo, già dopo un paio di versetti, viene costruito un vitello d’oro e invece dopo l’ultima cena i discepoli si sono dispersi come le pecore del gregge che vengono percosse dal pastore.

Nello stesso tempo il senso del deserto probabilmente è quello di allontanare il popolo dal male al quale si era attaccato, perché la Bibbia ci dice che il male è entrato nel mondo per colpa di un uomo, ma se Dio non amasse l’uomo lo avrebbe lasciato alla morte e il tutto finiva li. Invece proprio per salvarlo dal proprio male il Signore è capace di farci passare per il deserto perché nell’angoscia gridiamo a Lui e perché è Lui che ci salva e ci guida. Così l’uomo torna alla vita, attraverso una sofferenza che è come un parto, porta alla vita. Come abbiamo sentito anche domenica scorsa, la grandezza dell’albero non sta nel fatto che sia un grande cedro, ma nel fatto che viene preso e piantato da Dio stesso. Nella piccolezza del granello di senape sta l’apertura alla mano di Dio, ed è questa mano che dona la grandezza. Paradossalmente per essere grandi bisogna essere piccoli, perché nella nostra piccolezza aderiamo a colui che è più grande del concetto di “grandezza” e la stessa grandezza può essere tale solo in quanto trova in Lui una misura e una “direzione verso una perfezione”.

Fino ad oggi pensavo fosse sbagliato quello che facevano gli apostoli chiamando Gesù, pensavo che avrebbero dovuto fidarsi, Lui era lì con loro e quindi tutto sarebbe andato necessariamente bene. Ma per quanto questo possa essere una valida interpretazione, oggi vedo che coloro che destavano Gesù dal sonno erano abili marinai. Il Signore li invita ad attraversare il mare, cioè il male, una situazione dove avrebbero dovuto sentirsi più “forti” (o più grandi, o più sicuri) ed è proprio lì che gli fa scoprire quale sia veramente la loro forza. Nello scoprire i loro limiti, trovano un inizio di un dialogo e con Lui capiscono di poterli superare e scoprono la Verità, dove solo una cosa importa. Scoprono che il Signore è colui che è nella loro tempesta anche quando non si fa sentire e se lo chiamiamo egli risponderà, e che basta una sua parola per calmare la tempesta. E la tempesta esiste proprio perché si possano veramente “arrendersi” a Lui. Quì intravedo anche Giuseppe che, pur non avendo un figlio biologico, ha tutti noi come figli. Vedo la preferenza che Gesù ha per gli ultimi e gli emarginati, i sofferenti che hanno imparato a lasciare da parte il superfluo e alzano il grido verso il Signore.

Vedo la fede di Abramo nella promessa di Dio e mi trovo davanti a questa domanda: “Dove è la vostra fede?” dove pongo la mia fede? nelle mie capacità o in Lui? Seguo i miei progetti o il suo volere che supera ogni logica umana?

Fonte:https://www.pievescandiano.it/


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