Don Marco Ceccarelli Commento XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (23/06/2024) Liturgia: Gb 38, 1.8-11; Sal 106; 2Cor 5, 14-17; Mc 4, 35-41

  • Testi di riferimento: Gb 11,18-19; Sal 3,6; 4,9; 18,16ss.; 29,10; 35,23; 42,8-9; 44,24-25; 46,2-4;
    59,5; 65,6-9; 69,2.15-16; 78,65; 89,10; 93,3-4; 104,7-9; 107,23-32; 121,3-4; Is 30,15; 40,28; 43,2;
    51,9-10; Gn 1,1-16; Na 1,4; Mc 1,27; 2,7; 4,1; 6,2.14; Lc 2,9; Gv 14,27; At 27,14; Gd 13
  1. Una premessa. Uno degli scopi principali del Vangelo di Marco, che stiamo ascoltando in questo
    anno liturgico, è quello fare interrogare il lettore sull’identità profonda di Gesù. Anche se fin dal titolo, «Vangelo di Gesù Cristo figlio di Dio» (Mc 1,1) si mette già in chiaro tale identità, il lettore è
    invitato a porsi seriamente la domanda e a dare da se stesso la giusta risposta e l’adesione di fede.
    La domanda che appare spesso in Mc (cfr. 2,7; 8,27.29), la troviamo anche nel brano odierno al v.
    41: «Chi è mai costui?». Attraverso tutto il Vangelo si nota come i discepoli si rendano conto di
    avere di fronte qualcuno di speciale, ma allo stesso tempo hanno grande difficoltà nel capire pienamente la sua identità. Essi sono come ciechi di fronte a Gesù. Mc presenta continuamente questa
    “cecità” dei discepoli di Cristo, la loro incapacità di comprendere con chi veramente hanno a che
    fare. Ma attraverso i discepoli e le loro difficoltà si vuole stimolare il lettore a confrontarsi seriamente con Gesù. Dunque tutto il nostro Vangelo invita i suoi lettori e i suoi ascoltatori a percorrere
    un cammino per uscire dalla cecità, per comprendere la reale identità di Cristo, e soprattutto per
    professare la fede in lui. Capire veramente chi egli sia e aderirvi con la fede è quanto Mc ci esorta a
    fare.
  2. Anche l’episodio descritto nel brano di Vangelo odierno mira a questo. Come nel miracolo del
    paralitico (Mc 2,1-12), Gesù si presenta con un potere straordinario, un potere che appartiene soltanto a Dio. Nell’Antico Testamento più volte si indica come soltanto in Dio si può trovare il controllo degli elementi della natura; e fra questi eccelle la potenza invincibile del mare. Dio solo può
    domare il mare, porre un limite alla sua potenza e alle sue acque (cfr. Sal 104,9 e prima lettura) perché non invadano la terra e quindi non impediscano la vita umana. Egli è colui che fa tacere il fragore del mare e dei suoi flutti (vedi testi di riferimento). Come si nota sempre in questi testi, il potere divino sugli elementi è chiamato in causa per il bisogno del popolo di essere salvato da altri poteri, ugualmente invincibili. Le forze della natura e in modo particolare la potenza bruta del mare in
    tempesta, con le sue onde che travolgono tutto, funzionavano come simboli delle potenze del male,
    in particolare di quelle forze nemiche nei confronti delle quali Israele si sentiva inerme e dalle quali
    poteva essere salvato soltanto da Dio. Il potere più forte contro cui l’uomo si scontra è, in ultima
    istanza, quello della morte; il mare è perciò il simbolo per eccellenza della morte. Dunque il Signore
    viene invocato come unico in grado di salvare. Ma, d’altro lato, Egli a volte sembra non intervenire;
    sembra, per quanto possa suonare paradossale, dormire. Così si trovano espressioni del tipo: «Svegliati! Perché dormi Signore?» (Sal 44,24; cfr. anche 35,23; 59,5). Dio sembra dormire quando pare
    non accorgersi delle nostre sofferenze, dei nostri problemi. Un Dio distratto, indifferente, che non si
    cura di noi, pone un grande interrogativo sulla sua esistenza, o comunque sulla sua provvidenza. La
    sofferenza che l’uomo sperimenta è ciò che più mette in crisi la fede. Perché Dio non interviene davanti a tanti crimini orrendi che si commettono? Dio – se c’è – tante volte sembra dormire.
  3. Un Dio che dorme. Come è frequente in Mc, il brano odierno presenta una venatura umoristica.
    Da un lato abbiamo l’agitazione delle onde, del vento e dei discepoli; dall’altro appare la calma
    olimpica di Gesù che se la dorme. L’agitazione, come afferma Gesù stesso nel v. 40, sta ad indicare
    la paura e quindi la mancanza di fede. Di contro invece la calma di Gesù evidenziata dal suo dormire indica l’abbandono fiducioso in Dio, come ricordano alcuni testi biblici (Sal 3,6; 4,9; Gb 11,18-
    19; Is 30,15). Indica soprattutto il controllo della situazione. Anche quando tutto potrebbe dire il
    contrario, Gesù continua ad essere in controllo della situazione (così sarà anche nel momento della
    passione). Il gridare a Gesù perché si desti dal sonno già ce lo rivela, sulla linea dei testi citati nel
    punto precedente, come Colui che soltanto può fare qualcosa in questa situazione. Però il fatto che
    Gesù dorma non significa affatto che la situazione sia fuori controllo; per questo il rimprovero che
    egli rivolge ai discepoli. Se Dio è con voi – sembra dire Gesù – state certi che nulla può travolgerlo.
    Anche quando sembra dormire, anche quando sembra non curarsi di noi e dei nostri affanni (v. 38),
    Dio non dorme mai (Sal 121,4). E se Dio è con noi non abbiamo bisogno di essere spaventati e agitati per alcun motivo. Anche nel momento in cui arriverà la nostra ora e ci troveremo veramente di
    fronte alla morte e magari grideremo a Dio di salvarci – succede – e Dio non ci esaudirà, non significa che Egli si sia addormentato e che non sia in grado di liberarci. Il fatto è che chi è in Dio non
    muore mai. Se Dio è con noi “anche se cammino in una valle oscura di morte non temerò alcun male” (Sal 23,4), perché nulla può separarci da Dio. E Gesù è Dio. Per questo, con grande naturalezza,
    egli acquieta il vento e il mare. Dio è venuto in mezzo a noi in un uomo, Gesù di Nazareth, che ha
    tutto il potere divino di salvare. Da che cosa?
  4. Il segno di Giona. L’episodio presenta una analogia veramente sorprendente con quanto narrato
    nel capitolo 1 del libro di Giona. Le affinità sono troppe e troppo simili per essere casuali. Vediamole in uno schema.
    Giona 1,1-16 Mc 4,35-41
    vv. vv.
    I Giona deve andare a predicare 1,1-2 Gesù predica la parola 4,33-34
    II Giona sale sulla barca 3 Gesù è preso sulla barca 35-36
    III Il Signore scatena un forte vento 4 Avviene una tempesta di vento 37
    IV La barca sta per sfasciarsi 4 La barca rischia di affondare 37
    V I marinai hanno paura 5 I discepoli hanno paura 38
    VI Giona dorme profondamente 5 Gesù dorme (profondamente) 38
    VII Il capitano rimprovera Giona 6 I discepoli rimproverano Gesù 38
    VIII Giona è preso e gettato nel mare 15 Gesù rimprovera il vento e il mare 39
    IX Il mare si placa 15 Il vento cessa e il mare si calma 39
    X I marinai hanno grande timore 16 I discepoli hanno grande timore 41
    Il parallelismo è notevole. Abbiamo nove punti di contatto su dieci. Soltanto al punto VIII il parallelismo sembra rompersi. Da un lato infatti il mare si acquieta perché Giona è gettato in esso; dall’altro invece perché Gesù rimprovera il vento e il mare. Ma fra le righe possiamo già intravedere come
    anche Gesù in un certo senso seguirà il destino di Giona quando verrà condotto alla morte. Una delle immagini cristiane più antiche, presente nelle catacombe, raffigura Giona gettato in mare per
    calmare la sua furia. È l’interpretazione della Chiesa primitiva di quel “segno di Giona” di cui parla
    Gesù in Mt 12,39-40. Come Giona offre la sua vita per la salvezza dei marinai, così Gesù offrirà la
    sua, in pasto al mare della morte, perché gli uomini abbiano la salvezza. Se Dio, grazie al sacrificio
    di Giona, risparmierà la vita ai marinai, Dio presente in Gesù salverà la vita agli uomini entrando lui
    stesso nella morte. Come il vento e il mare sconfitti dalla presenza divina di Gesù, la morte sarà
    sconfitta dalla sua presenza divina. E come Giona non perirà a causa della sua offerta, ma sarà salvato miracolosamente dal mare, così Gesù risorgerà e rimarrà vivo per sempre, dando prova della
    salvezza definitiva che ha ottenuto su ciò che l’uomo è maggiormente impotente. Possiamo perciò
    rispondere alla domanda del v. 41: «Chi è mai costui …» con le parole del centurione davanti alla
    morte di Gesù: «Costui è veramente Figlio di Dio» (Mc 15,39).

Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/


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