Battista Borsato “Vivere il cambiamento”

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (23/06/2024) Liturgia: Gb 38, 1.8-11; Sal 106; 2Cor 5, 14-17; Mc 4, 35-41

In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo
presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di
vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino,
e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che siamo perduti? Si destò, minacciò
il vento e disse al mare: “Taci, calmati! “. Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché avete
paura? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque
costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?”.
(Mc. 4, 35-41)
Questo episodio, pur non negando una sua storicità (nel mare di Galilea avvengono spesso bufere
improvvise e impreviste), racchiude, come riportato da Marco, una valenza simbolica.
 “Passiamo all’altra riva”. Questa espressione può ricordare il passaggio nel mar Rosso: gli
ebrei schiavi dell’Egitto, sono passati all’altra riva, alla riva della libertà. Può indicare
l’invito di Gesù ai suoi discepoli e alla folla a compiere il passaggio dalla religione (quella
giudaica in modo particolare) alla fede: la religione si basa su ciò che l’uomo fa per essere
gradito a Dio, la fede invece è la disponibilità ad accogliere ciò che Dio fa per lui.
Può soprattutto segnalare il passaggio dalla vecchia alla nuova mentalità, da un modo di
pensare ad un altro. Questo esodo non è mai tranquillo. È sempre un camminare sulle acque
tumultuose dell’incertezza e dell’instabilità. La nuova mentalità è quella che spinge a
camminare. Heschel, un teologo ebreo e grande educatore, si rivolgeva così ai suoi allievi:
“È essenziale imparare non solo le risposte importanti, ma anche le domande importanti.
Soprattutto è fondamentale imparare le domande per le quali non esistono buone risposte.
Dobbiamo imparare a convivere con le domande”.
Nessun cammino di crescita è esente da dubbi e da domande, perfino da angoscia. I
cambiamenti, le svolte epocali sono paragonabili a tempeste, a bufere. La Chiesa, anche
l’attuale, è come una barca in mezzo a questa tormenta. La tentazione è di stare sulla riva
per evitare il rischio della bufera. Gesù con il “passiamo all’altra riva” incita a partire
sempre, ad affrontare con fiducia l’avventura del mondo.
 “Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca”. Si deve
riconoscere, che la Chiesa, ha avuto paura dei contrasti, dei conflitti e ha subìto il fascino
della tranquillità, dell’ordine, della sicurezza. Lungo la storia è stata tentata a fermarsi, ad
aggrapparsi a qualcosa di stabile e di solido. A camminare continuamente ci si sente spossati
e spunta la tentazione di avere principi fermi e valori non negoziabili. Questa seduzione ha
ammaliato anche la Chiesa. Di fronte al fluttuare irrequieto di pensieri e di novità
provenienti dal mondo esterno, la Chiesa si è fatta un proprio mondo con proprie strutture
(scuole, oratori, banche, campi sportivi, biblioteche), si è chiusa come una cittadella
fortificata al riparo dalle pulsioni culturali e sociali. Si è sentita protetta nella sua identità, e
non più messa continuamente in discussione sulle sue solide convinzioni.
Invece la Chiesa è chiamata a inserirsi come lievito nella storia, nella storia di tutti, e a
lasciarsi interrogare dai problemi, sofferenze, speranze degli uomini e donne anche quando
queste possono scompigliare tradizioni e riflessioni teologiche assodate. Il vento della storia
può certo sollevare onde minacciose, tali da squassare la piccola barca della Chiesa. La
paura può impadronirsi di noi, pastori e popolo. Non si avverte spesso il grido strozzato di
molti credenti che dicono: “Dove andiamo a finire? Ci sarà un futuro per la religione?”.

Nel romanzo dello scrittore ebreo Chaim Potok intitolato “In principio” si narra il tormento
di un giovane studente della scuola biblica ebraica yeshivah, che sente l’impulso di
distanziarsi dalle tradizioni per indagare gli inizi della stesura dei libri della Torah e lo fa
studiando testi provenienti anche da culture profane e da ricercatori non ebrei.
Questo suscita il duro rifiuto della famiglia e di tutta la comunità ebraica, ma questo giovane
di nome David sostiene: “Andrò ovunque la verità mi conduca; nella ricerca non esistono
confini né opinioni fissate una volta per tutte. Io ho fede nella Torah, ma questa non mi può
impedire di amare la verità”. E sempre questo giovane, apparentemente fragile, ma di forte
intelligenza e fornito di un ardente coraggio confida a suo padre deluso e sconcertato:
“Voglio comprendere la Torah come la comprendevano quelli che la scrissero. Ho bisogno
di apprendere il nuovo metodo critico per scoprire la verità sugli inizi del mio popolo”.
Forse anche gli attuali sconvolgimenti che scuotono la nostra teologia e la nostra Chiesa
devono darci il coraggio di inoltrarci su nuovi sentieri, sapendo che la verità è sempre oltre.
 “Perché siete così paurosi? Non avete fede?”. Uno degli interrogativi oggi più spiazzanti
riguarda l’indifferenza religiosa che sembra invadere persone e comunità. Non è tanto
l’ateismo che inquieta, ma l’indifferenza. Possiamo dire che stiamo vivendo oggi la
“religione dello scenario”, cioè l’ambiente esterno appare ancora totalmente religioso:
continuano le richieste dei sacramenti, nelle feste principali la presenza è ancora massiccia,
le benedizioni, soprattutto nei santuari, sono ancora cercate, ma gli uomini e le donne
vivono senza riferimento a Dio e tanto meno alla Chiesa: le scelte non hanno relazione con il
Vangelo. Che cosa pensare? Come porsi? Ci assale il brivido dello spaesamento. Non ci
sono risposte pronte. Occorrerà lasciarci penetrare da queste domande e convivere con esse.
Ogni cambiamento fa soffrire, ma non deve portarci al senso del fallimento o della fine.
Nessun rinnovamento e nessuna nuova prospettiva nasce senza la sofferenza della ricerca.
Può sembrare che essa porti a tradire il passato e a compromettere la tranquillità delle
acquisizioni raggiunte, invece può condurre a ritrovare le intuizioni e il fuoco di cui sono
stati portatori uomini e donne del passato. Non si tratta di rompere, ma di ricostruire. I
profeti sono stati non capiti, anzi emarginati, perché sembravano disturbare l’ordine
esistente e invece erano quelli che intuivano le nuove strade per una fede diversa dentro il
mondo diventato adulto.
Il non aver paura di avventurarsi verso il futuro proviene proprio dal Vangelo stesso.
Due piccoli impegni.

  • Saper convivere con le domande.
  • Amare la verità più che le opinioni e le consuetudini fisse.

Battista Borsato


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