Figlie della Chiesa Lectio XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (23/06/2024) Vangelo : Mc 5,21-43

Marco, nel Vangelo di questa domenica, ci narra la storia drammatica di due persone, molto simili, pur nella loro apparente diversità, che vengono ad incontrarsi entrambe con la persona di Cristo, trovando in Lui il compimento del loro desiderio di vita e di pienezza, a cui anela il cuore di ogni essere umano.

Da una parte una donna senza nome, sola e disperata, che per 12 anni ha vissuto nella morte fisica, sociale e spirituale, a causa delle continue perdite di sangue che hanno reso impura lei e ogni cosa o ogni persona con cui entrava in contatto; un’impurità che nel mondo biblico, a differenza di quanto possiamo pensare, non è dovuta ad immoralità sessuale, ma al contatto diretto con ciò che appartiene a Dio, l’intoccabile per eccellenza, per cui entrare in contatto con esso – nel caso specifico di questa donna, con il sangue, segno della vita il cui autore è appunto Dio – significava diventare empi, impuri e, in quanto tali, essere esclusi da ogni forma di socialità e di partecipazione religiosa.

Dall’altra parte una fanciulla di soli 12 anni, la cui vita sta giungendo troppo presto al termine.

La prima, sentito parlare di Gesù (è dall’ascolto che nasce la fede! cfr Rm 10,17) viene da Lui, nascosta tra la folla, certa (questa è la grandezza della sua fede) che, se riesce a toccare anche soltanto le sue vesti, sarà salvata da quella morte in cui è stata condannata a vivere per tanti anni e potrà finalmente ricominciare a vivere. La seconda, ormai sulla soglia della morte, ha nel padre il suo messaggero, il latore di un’analoga richiesta di salvezza e di vita, che si fa supplica insistente.

In entrambi i casi, dunque, c’è un anelito di salvezza, il desiderio di passare dalla morte (sia essa sociale, religiosa o fisica) alla pienezza di vita.

La morte – lo dichiara con fermezza il Libro della Sapienza nella prima lettura – non è stata creata da Dio, ma è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo. Dunque essa, e tutto ciò che ad essa si può ricondurre, non appartiene a Dio. Pertanto, chi anela ad una vita vera, piena di senso e libera dalla paura della morte – come la donna con perdite di sangue – è al Figlio di Dio che deve rivolgersi, non ai vari medici di turno che, illudendo di risolvere i problemi e le sofferenze, trasformano le persone in cadaveri viventi, facile preda di solitudine e angoscia, senza speranza. D’altra parte, come Gesù chiede di fare a Giairo, il padre della fanciulla moribonda, non bisogna dare credito ai messaggeri di morte, a quanti, cioè, giungono per annunciare che tutto è ormai finito, che la morte ha avuto la meglio e, quindi, non c’è più alcuna ragione di disturbare il Maestro. Quel Maestro, invece, continua a lasciarsi “disturbare” per noi al punto che – come afferma la seconda lettura – da ricco che era si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr 2Cor 8,9), avendo Egli accettato di incarnarsi, di assumere la nostra fragile creaturalità, fino a dare la sua vita per ciascuno di noi, per farci vivere nella pienezza del suo amore e nella comunione che lo lega al Padre.

Continua solo ad avere fede” è l’invito che il Signore rivolge oggi a ognuno di noi: continua a fidarti e affidarti a me, anche quando hai speso tutte le tue energie senza ottenere nulla, anche quando l’invidia del diavolo invia messaggeri per dire al tuo cuore che ormai non c’è più nulla da fare, che tutto è finito e che tu stesso sei perduto. Tu continua ad ascoltare la Parola che ripete incessantemente che nulla è impossibile a Dio, perché è Lui quel padre che con insistenza implora il Figlio gridando: “La mia figlioletta sta morendo, vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”; mani che il Figlio continua ad imporre su ciascuno di noi dall’alto di quella croce a cui sono state inchiodate; croce della sofferenza, della disperazione, della morte che è ogni rifiuto dell’Amore, ogni peccato che ci separa da Lui.

Risuoni ancora con forza, qui ed ora, nel nostro cuore la parola di Cristo che realizza ciò che dice: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Parola rassicurante, piena di amore e di tenerezza, capace di ridonare la vita! Lasciamoci prendere per mano, mentre ci grida: “Talità kum, fanciulla, io ti dico: alzati!” Risorgi, svegliati dal torpore di una vita mortifera, accogli il dono gratuito della mia vita donata per te, affinché tu possa vivere in pienezza e assaporare, fin da ora, la gioia dell’eternità.

Domande per la riflessione:

  • Dinanzi alla sofferenza, a situazioni di morte che si presentano nella mia vita o in quella delle persone a me vicine, qual è il mio pensiero e il mio atteggiamento?  Sono davvero convinto che Dio non ha creato la sofferenza e la morte, che non vuole la rovina mia o del mio fratello, oppure continuo a puntare il dito contro di Lui, senza prendere davvero coscienza che il male è opera del diavolo invidioso della mia gioia, determinato a distruggere in ogni modo il vincolo di amore che mi lega al Padre?
  • Il mio rapporto con il Signore è come quello della donna che pone in Lui la sua salvezza, mettendosi in gioco fino al punto di violare la norma a cui era sottoposta o preferisco rimanere nell’anonimato della folla che magari entra in contatto con Gesù, ma senza dare importanza alla sua presenza, senza desiderio, nascondendomi in una sorta di religiosità tradizionale che non mi fa entrare in un dialogo a tu per tu con Lui, nella verità di me stesso?
  • So essere messaggero di vita, implorando con fiducia l’intervento del Signore nelle situazioni di sofferenza e di morte che il mondo con le sue logiche ci fa vivere, oppure i messaggi che porto sono pieni di rassegnazione e privi di speranza?
  • Quando il dire e l’agire del Signore mi risulta incomprensibile, lo rimprovero come i discepoli o lo derido come la folla, pensando che ciò che Egli dice e fa sia senza senso o addirittura assurdo?
  • Riesco a percepire con emozione la carezza e la tenerezza di un Dio che in Cristo viene a cercare proprio me, desidera vedere e incontrare proprio me, per dichiarare a me il suo amore, per dirmi che sono figlio infinitamente amato e che desidera farmi accedere alla sua intima relazione con il Padre?

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org/


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