Figlie della Chiesa Lectio Ascensione del Signore (Anno B)

Ascensione del Signore (Anno B)  (12/05/2024) Liturgia: At 1, 1-11; Sal 46; Ef 4, 1-13; Mc 16, 15-20

Prigionieri dell’amore del Signore

La Solennità dell’Ascensione di Gesù, dopo la sua morte e risurrezione, ci prepara alla venuta dello Spirito Santo, a Pentecoste.

Leggendo le letture possiamo cercare di immedesimarci negli Apostoli, per i quali non deve essere stato facile il distacco da Gesù, quando lo vedono ascendere al cielo; non deve essere stato semplice, per loro, lasciarlo andare. Gli Apostoli, infatti, in particolare Pietro che prima della Passione lo aveva riconosciuto come «il Cristo, il Figlio del Dio vivente», avendolo visto soffrire molto e morire ingiustamente sulla croce, avevano provato un dolore immenso per la perdita del loro Maestro. E anche se i racconti che descrivono gli eventi immediatamente successivi alla morte e risurrezione di Gesù parlano di delusione, come per i discepoli di Emmaus, di paura come per gli Undici chiusi dentro il Cenacolo, gli Apostoli e i discepoli finalmente lo ritrovano, perché riappare loro varie volte, dando molte prove di essere vivo e parlando loro delle cose del Padre.

Il Signore risorto dunque, ha ridonato loro forza e ha rimesso in moto le loro vite.

Ma ora… di nuovo li lascia, si congeda da loro salendo in cielo; e il loro sconcerto si ricava dal fatto che non si accorgono nemmeno dei due uomini in bianche vesti che si presentano a loro e dicono: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.

Lo stesso sgomento lo ha vissuto Maddalena, davanti al sepolcro vuoto, dopo essere stata chiamata per nome da quella voce che sempre le ha illuminato il cuore, la voce del suo Signore. Ma anche lì Gesù sembra anticipare l’ascensione, dicendole: “noli me tangere”… “non mi trattenere!”. Perché mai non deve trattenerlo, adesso che lo ha ritrovato? Il suo “Rabbunì” è lì, di fronte a lei, tornato dai morti, e Lui le dice di non trattenerlo qui sulla terra ma di lasciarlo andare; anzi dona proprio a Lei il compito di annunciare ai fratelli che ascenderà al Padre…

Non è allora facile, nell’immediatezza, comprendere umanamente questa celebrazione come festosa. Pensiamo solo alla sofferenza che provoca il distacco dalle persone care e amate quando ci lasciano. Pensiamo alla loro morte e alla fatica di accettare questa perdita.

Eppure, l’ascensione, come ci viene presentata nelle letture di oggi è proprio descritta come una festa.

Proviamo quindi ad addentrarci nel mistero partendo dal Salmo 46, dove fin da subito veniamo immersi in canti di gioia, suoni di tromba, battiti di mani e di cuori; è l’acclamazione di tutti i popoli per l’ascensione del Signore. Non c’è dubbio, qui viene descritta una festa.

Anche nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, incontriamo subito un “Personaggio” che spicca, richiamando la nostra attenzione: lo Spirito Santo. In quattro capoversi, Luca lo inserisce ben tre volte, lasciando nell’ultimo capoverso lo spazio a due angeli “in bianche vesti”. L’azione dello Spirito Santo viene indicata con precisione:

  • Per mezzo dello Spirito Santo”. è stata effettuata da parte di Gesù la scelta degli Apostoli;
  • il battesimo che presto gli apostoli riceveranno non sarà “con acqua” ma “in Spirito Santo”;
  • per diventare testimoni di Gesù fino ai confini della terra essi riceveranno “la forza dello Spirito Santo

Aggiungerei anche un quarto punto in cui si coglie l’intervento dello Spirito Santo, pur se non nominato direttamente; lo troviamo nell’ultimo capoverso del Vangelo di Marco. Gesù è asceso al cielo e gli Apostoli hanno accolto l’incarico di essere suoi “testimoni” andando a predicare il Vangelo; è qui che il loro incarico di testimoni ha un connotato speciale: “il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”. E tutto ciò, lo sappiamo, avviene tramite lo Spirito Santo.

D’altronde su quel pane e quel vino che, nel Sacramento dell’Eucaristia, diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo, perché si realizzi la presenza reale del Signore, è necessario che, oltre alle parole di Cristo, ci sia l’invocazione dello Spirito Santo; infatti la Chiesa riunita prega il Padre di mandare il suo Santo Spirito sul pane e sul vino, affinché diventino, per la sua potenza, il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo e anche perché coloro che partecipano all’Eucaristia siano un solo corpo e un solo spirito (cf Catechismo della Chiesa cattolica). Non ci deve sfuggire che sono parole che ritroviamo nella seconda lettura, tratta dalla lettera di Paolo agli Efesini.

L’ascensione al cielo di Gesù è allora davvero una grande festa, che anticipa la Pentecoste.

Il dono che viene fatto a ciascuno di noi, come ci dice S. Paolo, è quello di diventare “prigionieri” del Signore.

Nella sua espressione: “Ascendendo in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini”, l’Apostolo riprende il Salmo 68 al versetto 19 che precisamente riferisce: “Sei salito in alto e hai condotto prigionieri – dagli uomini hai ricevuto tributi”. Il Salmo si riferisce a Jahwè che riceve doni e tributi, mentre nella lettera agli Efesini è il Signore Gesù che distribuisce doni! Gesù porta noi, che eravamo prigionieri del peccato e siamo stati liberati dal suo amore, in cielo; e dal cielo dispensa i suoi doni, il primo dei quali è proprio lo Spirito Santo, attraverso il quale avremo il dono del discernimento, divenuti figli adottivi di Dio per il tramite del battesimo; e saremo colmati della forza dello Spirito Santo per essere testimoni del suo Vangelo.

Nel nome del Signore noi pure scacceremo demoni e quindi combatteremo la forza del male che distrugge la vita; parleremo lingue nuove ed in particolare parleremo la stessa lingua nuova dell’amore; prenderemo in mano i serpenti e quindi le fatiche e i problemi della vita e, se berremo veleno non ci recherà danno: pensiamo alle divisioni e ai contrasti nelle famiglie e nelle comunità… imporremo le mani ai malati per guarirli, dove la prima guarigione potrebbe essere proprio l’accoglienza dei fratelli più fragili, facendoli sentire amati.

Prima di andare in cielo Gesù ci invita a volgere lo sguardo al nostro mondo, per diventare -qui e ora- suoi testimoni e strumenti di questo annuncio di salvezza.

Finita la “storia” di Gesù sulla terra, comincia quella di noi cristiani, uniti a lui.

Gesù lasciava certo gli Apostoli, ma non li abbandonava; li responsabilizzava mettendo nelle loro mani la Parola e facendo scendere su di loro lo Spirito Santo. Ecco allora perché l’Ascensione è davvero una grande festa.

Ecco perché S. Paolo si riconosce come prigioniero dell’immenso amore del Signore, sapendo che questa è la vera libertà. Bernardino da Siena scriveva di S. Paolo e del suo sentirsi prigioniero: “Quando la bocca di Paolo predicava ai popoli, come per il fragore di un gran tuono, o per l’avvampare irruente di un incendio o per il sorgere luminoso del sole, l’infedeltà era distrutta, la falsità periva, la verità splendeva, come cera liquefatta dalle fiamme di un fuoco veemente”.

Chiediamo anche noi al Signore di essere prigionieri del suo amore, per essere davvero liberi di riconoscere la verità e la potenza della sua Parola, per vivere il tempo donatoci sulla terra come suoi testimoni e strumenti di bene, simili a S. Paolo nella sua forza e nella sua fedeltà a Gesù.

Fonte:https://www.figliedellachiesa.org/


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