Don Paolo Zamengo “Fai dormire il tuo cuore nella tempesta”

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)  (23/06/2024) Liturgia: Gb 38, 1.8-11; Sal 106; 2Cor 5, 14-17; Mc 4, 35-41

Il vangelo di oggi è il racconto della traversata della vita come
metafora del progetto di Dio, nello sforzo e nel sogno di tendere
continuamente verso l’altra riva.
Rileggendo il brano della tempesta sedata, mi è venuto spontaneo
ripensare a quando ho celebrato la liturgia di molti matrimoni o
anche quando ho accompagnato qualcuno dei miei parrocchiani
per l’ultimo saluto. Forse avrei dovuto meditarlo anche nel giorno
dei Battesimi perché tutta la nostra vita può essere evocata dal

simbolo della traversata, del navigare, del passare a un’altra riva. 
Quel giorno, verso sera, Gesù disse: «Passiamo all’altra riva». La vita che sta davanti a un bambino
è una traversata; il matrimonio, questa avventura a due, è una traversata; ogni vocazione è una
traversata; il mio sacerdozio lo è stato; la morte è una traversata. Ma forse ogni ora è arrivare a
sera all’altra riva del giorno. Traversata è ogni scelta del cuore, è sognare e tendere a un’altra riva.
«Nel frattempo si sollevò una grande tempesta di vento e gettava le onde nella barca, tanto che
ormai era piena». E anche questa è una situazione comune, la condizione comune di ogni
traversata: la tempesta, le bufere, il mare agitato della vita. Non è che le bufere ce le mandi Dio. A
volte abbiamo uno strano modo di ringraziare Dio perché lo ringraziamo di averci salvati dalle
tempeste. Ma, allora, dovrebbero imprecare quelli che hanno la barca inondata.
Le bufere fanno parte della vita. A volte le più terribili sono le tempeste interiori. Spesso, proprio
quando smettiamo di correre e inseguire i nostri sogni, il nostro cuore comincia a rimbombare
come un oceano sferzato dalle raffiche di vento e noi piombiamo nella paura di noi stessi, non ci
orientiamo più, e vorremmo proteggerci senza sapere come, come se un ciclone si impadronisse di
noi e ci risucchiasse irresistibilmente nel profondo.
Il Vangelo di Marco sembra suggerirci che sarebbe un sogno vano pensare di non avere a che fare
con questo mare. E invece è da sapienti imparare a navigarlo. È suggestivo, fino quasi a diventare
un simbolo, l’esempio di Gesù che dorme sulla barca. Se, sull’esempio di Gesù, cercheremo anche
noi di raggiungere una più profonda calma, allora le onde si acquieteranno e il vento si placherà.
È importante raggiungere il luogo nel quale la tempesta si placa. Bisogna ancorare profondamente
la barca della nostra vita e confidare nel punto in cui, al di sotto del mare agitato, c’è un solido
fondale che ci offre un appiglio. Gesù che dorme sulla barca scossa dalla tempesta sembra dirci:
confida nella mia presenza, anche se ti sembro assente, io ho il potere di placare la bufera e di
avvicinarti all’altra riva. Lascia dormire il tuo cuore nella pace.
Ancorarsi in Dio è imparare a «dormire» nella tempesta. Ancorarsi in Dio è imparare a dormire
anche per l’ultima tempesta. Senza scampo un bel giorno verrà il momento in cui né medici, né
preti, né amici o parenti, né altri potranno più aiutarci. È il momento in cui noi saremo arrivati
alla fine dell’esistenza, dove ad attenderci sarà la morte.
E allora, per l’ultima volta, sarà importante trovare quiete, allora sarà ancora più decisivo
ancorarsi in Dio e imparare a dormire nella tempesta.


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