don Michele Cerutti”Hai dato il pane degli angeli”

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B)  (02/06/2024)Liturgia: Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16.22-26

Ogni volta che preparo l’omelia domenicale o festiva mi chiedo prima di tutto: Ma questa Parola cosa dice a me? O meglio: La festa che vado a celebrare riguarda la mia vita?
Solo così posso esprimere una riflessione credibile.

Per preparare l’omelia nella Solennità del Corpus Domini ho cercato di ritagliare più tempo proprio per l’Adorazione personale e di fronte a Gesù ho chiesto a Lui di darmi le parole giuste per spiegare questo grande mistero che nei documenti magisteriali ci viene detto essere culmine e vertice dell’esperienza cristiana.

Il brano evangelico mi ha veramente supportato per comprendere la profondità, la lunghezza e la larghezza dell’Eucaristia.

Quella domanda che gli apostoli rivolgono a Gesù mi ha fatto pensare.
“Dove vuoi che prepariamo per celebrare la Pasqua? “

Mi ha riportato alla domanda che Dio rivolge all’uomo ad Adamo:
“Dove sei?”.

Davanti al Santissimo trovo la prima risposta a un interrogativo profondo che mi ero posto, invece, io personalmente: “Cosa dice a me l’Eucaristia?”. Questa domanda unisce come un diamante incastonato le due domande tratte dalla Scrittura.

Davanti a questo grande mistero comprendo che l’Eucaristia è il luogo in cui noi uomini riusciamo a percepire dove ci troviamo nel nostro cammino e Gesù ci indica proprio dove vuole celebrare la Pasqua. Il luogo è il nostro cuore e fuori di questo non c’è altro posto in cui Gesù vuole andare.

Il brano prosegue con le indicazioni che il Maestro offre ai suoi discepoli perché possano trovare risposta alla loro domanda.

Il mio pensiero corre all’esperienza profonda delle Suore di Madre Teresa di Calcutta, che io ho conosciuto a Roma, vicino al Vaticano.

Esse passano 2 ore al giorno davanti all’Eucaristia e nessuno può disturbare quel momento.

Queste Suore possono essere pronte, quindi poi, a seguire quei tali che incontreranno nel loro servizio ai poveri e così comprendere in quali luoghi Gesù vuole entrare per celebrare la Pasqua.

Cristo vuole festeggiare nel cuore di ogni uomo, prima nel nostro e poi con il nostro aiuto vuole essere trasmesso ad ogni suo figlio.

Un particolare che mi colpisce è che Gesù invia i discepoli e indica delle modalità per trovare il luogo in cui vivere la Pasqua.

Questo dice che l’iniziativa è sempre di Dio e noi dobbiamo essere sempre attenti ai segni della sua presenza. Il discepolo è uomo e donna capace di intercettare quello che il Signore ci presenta anche se quello che ci mette davanti può essere a volte difficile da comprendere.

Un lettore accorto del brano evangelico si accorgerà di una stranezza: l’uomo che porta un’anfora piena d’acqua.

Questa attività era tipica della donna eppure Gesù indica un uomo.

La Pasqua si celebra non in maniera disincarnata, ma all’interno di una realtà che abbiamo il compito di saper decifrare uscendo anche dagli schemi usuali.

D’altra parte anche Gesù ci offre Lui stesso una grande lezione che va oltre la dimensione umana. Il dono dell’Eucaristia ci viene consegnato in un contesto di alto tradimento. Una lezione grandissima di amore.
Gesù invita a perpetuare questo dono sempre ogni giorno.

Ci chiede di rendere così la nostra vita pane spezzato e vino versato nelle mense degli uomini.

A me colpisce, oltre il fatto, che Dio ci dà un così grande dono in un contesto di paura e di angoscia per lui e per i suoi che covano di andarsene, che Gesù chiede di riconoscerlo non nel vento, nel fuoco, nelle grandi acque, ma in due elementi molto semplici che arricchiscono la nostra tavola di tutti i giorni: il pane e il vino.

Tutto questo ci indica che la nostra vita deve essere una prosecuzione di quello che celebriamo.

Se ho rispetto doveroso per l’Eucaristia debbo avere lo stesso rispetto per il fratello e sorella che mi sono accanto, ricco o povero, bianco o nero, grande e piccolo peccatore.

Il non mettere in relazione queste due mense, quella eucaristica e quella della carità, è creare una scissione pericolosa.

La scena finale in cui tutti si dirigono verso il Monte degli Ulivi con gioia ci richiama il fatto che siamo chiamati a essere uomini e donne che trasmettono il gaudio di quello che hanno celebrato.

La responsabilità della gioia di aver incontrato il Signore nel nostro celebrare diventa importante. Quindi qui c’è sicuramente il compito del sacerdote nell’essere trasmettitore di tutto questo, ma c’è l’impegno anche e non da meno dell’assemblea di coinvolgersi.

Alla luce di tutto ciò riusciamo a comprendere le pagine profonde dei grandi studiosi del dogma sull’Eucaristia e i documenti del magistero.

Mi fa riflettere il fatto che quando i teologi nel Medio Evo dibattevano su questo trattato Gesù stesso si manifestava con forza con i grandi miracoli eucaristici come quelli di Lanciano e Bolsena. Come a dire mentre voi discutete Io sono realmente presente nel pane e nel vino consacrati.

I santi come Don Guanella, Cottolengo, Madre Teresa di Calcutta e uniamo anche Carlo Acutis per fare degli esempi ci indicano nell’Eucarestia l’autostrada per il cielo.

Allora è proprio bello vedere nelle Cattedrali delle città in particolare uomini e donne che nelle pause pranzo degli uffici sono in preghiera in ginocchio davanti al Tabernacolo.

Penso anche a uomini come De Gasperi che affermava di inchinarsi davanti al Sacramento per avere la forza di non inchinarsi davanti agli uomini o a Paolo Borsellino, di cui ricorderemo in Luglio la morte per mano mafiosa, che prima di accedere agli uffici al mattino si fermava in Chiesa davanti al Tabernacolo per un raccoglimento.

Viviamo allora con intensità questo giorno a noi caro perché riconosciamo nell’Eucaristia veramente il nostro sole in terra.

Ricordiamoci che quando si entra in una Chiesa il primo saluto lo si fa al Tabernacolo dove vi è Cristo realmente presente. State certi Sant’Antonio, la Madonna e San Giuseppe non si offendono.

Fonte:https://www.qumran2.net/