III Domenica Quaresima “A” – 15 Marzo 2020
I lettura: Es 17,3-7
II lettura: Rm 5,1-2.5-8
Vangelo: Gv 4,5-42
- Testi di riferimento: Dt 8,3; Sal 36,10; 40,8-9; 42,2-3; 63,2; 105,41; 114,8; Sir 24,21; Is 44,3-4;
48,21; 49,10; 55,1; 58,11; Ger 2,13; 17,13; Ez 36,25-26; Am 9,13; Gl 3,1-2; Zc 12,10; 13,1; 14,8;
Mt 7,7-8; 10,8; Lc 11,13; Gv 6,35.38-40; 7,37-39; 19,28-30.34; At 2,38; 8,10; 10,45; 11,17; Rm
12,1; 1Cor 10,4; 2Cor 1,22; Ef 4,7; Eb 6,4; 1Gv 4,14; Ap 7,7; 21,6; 22,17
- Il tema centrale di questa domenica e delle prossime due è quello della “vita”. Queste tre domeniche ci vogliono preparare alla Pasqua di Cristo nella quale, come diceva la seconda lettura della
domenica precedente, «egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita» (2Tm 1,10). A tal fine si
presentano tre lunghi brani evangelici tratti da Gv in cui Gesù annuncia, attraverso dei “segni” (a
parole o a gesti), che lui è la vita. L’acqua (III domenica), la luce (IV domenica) e la risurrezione (V
domenica) stanno a dire che Gesù è colui che ha la vita in pienezza e colui che tale vita dona. Questa realtà sarà manifestata pienamente nella Domenica di Risurrezione quando i discepoli potranno
partecipare gratuitamente della vita di Cristo risorto. Allo stesso tempo i tre brani presentano un
“cammino” che alcune persone sono chiamate a fare per giungere alla fede in Cristo datore di vita.
Per questo motivo queste tre domeniche dell’anno “A” sono quelle più marcatamente catecumenali. - Il tema dell’acqua.
- Prima lettura. L’episodio narrato è certamente curioso, non solo per il miracolo descritto, ma perché suscita un interrogativo colto dalla tradizione giudaica: questo miracolo (l’acqua che esce dalla
roccia) è stato solo di un momento o è durato per quarant’anni, cioè per tutto il tempo in cui Israele
ha dimorato nel deserto? Il bisogno dell’acqua ovviamente non poteva essere soltanto momentaneo.
Si suppone che gli ebrei abbiano potuto usufruire di quest’acqua lungo tutto il loro cammino, così
come è stato per la manna. Però se la manna cadeva dal cielo, l’acqua da dove veniva? Poiché ovviamente una roccia non si muove, mentre il popolo procedeva nel suo viaggio. Si è concluso allora
che quella roccia, per quanto strano possa apparire, accompagnava il popolo nel suo pellegrinare.
Tale tradizione viene ripresa e avvallata anche da san Paolo (1Cor 10,4). Quella roccia era, per così
dire, in qualche modo “vivente”. - Il riferimento più importante al miracolo descritto nella prima lettura lo abbiamo in Gv 7,37-39.
Nel grande giorno della festa delle capanne si svolgeva un rito solenne che consisteva nel versare
acqua abbondante nel tempio, appunto in ricordo del miracolo dell’acqua scaturita dalla roccia. In
questo contesto Gesù profetizza pubblicamente che la vera acqua sarà data a coloro che credono in
lui. Dal suo seno, cioè dal seno di Cristo, usciranno fiumi di acqua viva. Gesù si presenta dunque
come la vera e vivente “roccia” del deserto dalla quale si attinge l’acqua che permette di vivere.
L’evangelista ci informa che quanto detto da Gesù era riferito allo Spirito che avrebbero ricevuto i
credenti in lui. La vera acqua della vita, che disseta per sempre (Gv 4,14), è lo Spirito che viene dato in dono (Gv 4,10) da Cristo. Ciò si realizza nel momento della sua morte in croce quando dal suo
costato aperto escono sangue e acqua (Gv 19,34), cioè la vita e lo Spirito. Da Cristo fluisce l’acqua
viva dello Spirito e, come gli ebrei nel deserto, anche noi possiamo abbeverarci di “una bevanda
spirituale” come era “spirituale la roccia che li seguiva, e quella roccia era Cristo” (1Cor 10,4). - Anche per noi oggi c’è una roccia che ci accompagna nel nostro pellegrinare. Per il “deserto” di
questa vita, dove spesso ci troviamo disidratati da tante cose che facciamo e che ci lasciano insoddisfatti, insaziati, assetati, Dio ha provveduto una roccia che fa scaturire acqua viva. Se ci manca la
vita, se ci sentiamo assetati, bramosi di calmare le ansie profonde di vita presenti in noi, significa
che non stiamo attingendo alla vera fonte, che non siamo “intubati” a Cristo, l’unico che può estinguere la nostra sete. Significa che stiamo cercando la vita in realtà umane che non possono dare la
vita perché “è lo Spirito (cioè Dio) che dà la vita; la carne (cioè le realtà umane, terrene) non giova a nulla” (Gv 6,63). Cristo ci offre un’acqua bevendo la quale non si avrà più sete, perché diventa in
noi una sorgente di vita eterna (Gv 4,13-14). Cristo, dopo l’ascensione, continua ad essere presente
in mezzo ai suoi come la roccia dalla quale esce l’acqua viva dello Spirito Santo. Dal costato trafitto
di Cristo continua ad uscire l’acqua della vita eterna che ci accompagna nel pellegrinaggio di questa
vita verso la patria celeste (Eb 11,13-14) di cui già ci fa gustare gratuitamente i frutti. “Chi ha sete
venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita” (Ap 22,17). Così anche lo Spirito che Cristo promette alla samaritana è un “dono” di Dio (Gv 4,10), che non può essere acquistato con nulla
(At 8,20), ma che Dio elargisce gratuitamente a chi lo vuole (At 2,38; 10,45).
Il Vangelo.
- La sete di Gesù (v. 7). La richiesta di Gesù alla donna samaritana evoca l’episodio descritto in Gv
19,28-30. Gesù in croce dice di aver sete; non per bere, ma in funzione di un compimento e in funzione di dare qualcosa. Anche la richiesta alla samaritana va intesa in questo senso. Gesù chiede da
bere, ma non lo fa; la sua richiesta appare invece in funzione di dare qualcosa, e propriamente lo
stesso elemento che chiedeva, cioè l’acqua. Come spesso accade in Gv, il dialogo si svolge a due
livelli sovrapposti. Sia Gesù che la donna parlano di acqua, ma su due diversi livelli. La donna si riferisce all’acqua materiale; Gesù parla invece di un “acqua viva” (v. 10), che chi ne beve “non avrà
più sete in eterno, ma … diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”. Abbiamo detto che questa acqua rappresenta lo Spirito che si riceve credendo in Cristo. Chi riceve
questo Spirito non avrà più sete in eterno, perché sarà in lui una sorgente inesauribile. Questo dono
(“se tu conoscessi il dono di Dio”: 4,10) si realizza con la morte di Cristo in croce: «Gesù disse: È
compiuto. E chinata la testa consegnò lo spirito» (19,30). Con la morte di Cristo lo Spirito diventa
disponibile per essere ricevuto. Questo si realizzerà per gli apostoli dopo la Risurrezione (20,22).
Dunque, come sulla croce Gesù manifesta la sua momentanea sete fisica, ma per donare l’acqua che
sazierà eternamente la sete spirituale, così anche nel caso della Samaritana Gesù chiede ma per dare. - La sete è simbolo anche di un forte desiderio, di una intensa brama di qualcosa (cfr. Sal 42,2-3;
63,2). La sete di Gesù in Gv 19,28 fa pensare al testo di Lc 12,49-50: «Sono venuto per gettare un
fuoco sulla terra e come vorrei che già fosse acceso. Devo ricevere un battesimo e quanto sono afflitto finché non sia compiuto». Queste espressioni di Gesù riflettono un fortissimo desiderio che sia
realizzata la missione che egli deve compiere. Si tratta di quel compimento che egli realizzerà attraverso il “battesimo” della sua morte in croce. Egli ha un intenso anelito affinché si realizzi ciò che
la sua morte in croce significa, vale a dire il compimento della sua missione messianica di portare la
salvezza agli uomini, così come è annunciato dalle Scritture (Lc 18,31; 22,37). Gesù desidera intensamente che arrivi la salvezza agli uomini; e questa salvezza passa per la sua passione (Lc 22,15).
Gesù ha sete, ha un fortissimo anelito che ciò avvenga, perché questa è l’opera che il Padre gli ha
dato di compiere. - Il compimento della salvezza sta nel dono dello Spirito. Come nell’episodio della Samaritana Gesù sembra soddisfare la sua sete nel proclamare se stesso come “acqua viva”, così nell’episodio della croce la sete di Gesù viene soddisfatta con il conferimento dello Spirito. Gesù continua ad essere
presente nella Chiesa attraverso lo Spirito che la anima come un principio di vita eterna (4,14). Tutta la missione di Gesù non ha altro scopo che questo. Cristo è venuto a compiere la volontà del Padre che è quella di dare la vita eterna a coloro che credono in lui (6,40). Questa vita è lo Spirito che
si riceve credendo in lui. Attraverso la fede in lui si riceve lo Spirito che comunica ai credenti la risurrezione di Cristo, la sua vittoria sulla morte. Con l’acqua dello Spirito viene versato in noi
l’amore di Dio (seconda lettura). - Davanti al datore del “dono di Dio” che è lo Spirito possiamo avere due atteggiamenti contrastanti, ma entrambi sbagliati. Possiamo essere consapevoli del “potere” dello Spirito Santo, ma volerlo
ottenere con le nostre forze per essere qualcuno nella comunità cristiana; come fu per Simon Mago,
il quale pensò di poter “comprare il dono di Dio” con denaro da Pietro (At 8,18-20). Possiamo volere lo Spirito a tutti i costi soltanto per avere un potere, un ruolo carismatico all’interno della Chiesa.
D’altro lato invece possiamo essere così indifferenti o così (colpevolmente) inconsapevoli
dell’enorme grazia di Dio che Cristo ha il potere di offrirci; e preferiamo chiedere cose, nel migliore dei casi, secondarie. Abbiamo perciò bisogno di percorrere il cammino della samaritana per arrivare
a comprendere, a “conoscere”, a diventare consapevoli che Cristo è la fonte dello Spirito, del dono
di Dio per eccellenza; e una volta consapevoli del valore di tale dono, “chiederlo” (4,10.15; cfr. Lc
11,13). E capiremo allora, che egli è veramente colui che ci permette di vivere, che ci dà la vita
eterna, che è il “salvatore del mondo” (4,42).
Fonte:http://www.donmarcoceccarelli.it/
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